BarLume.

Il lettore medio, dopo aver affrontato l’ardua lettura di qualche inaccessibile tomo, aver peregrinato per gli sconfinati mari della letteratura mondiale, sente l’improcastinabile necessità di far vela verso un porto sicuro. Verso casa. Mettere per qualche tempo a riposo le proprie facoltà intellettive, duramente provate da un libro che ci ha arricchito immensamente, ma lasciati privi d’energie. A questo avventuriero, per cui la lettura è solo uno dei tanti modi per godersi la vita e non la vita stessa, occorrono momenti di rilassamento. Si ripone quindi il pesante volume sulla libreria (o si chiude il file) e si spegne il cervello. Prima di imbarcarsi nuovamente nell’esplorazione di un nuovo oceano letterario è consigliabile un periodo di quarantena, per purgare le meningi e averle fresche e scattanti quando serviranno. Per questo lettore medio, che non vuole rinunciare al piacere della lettura ma vuole che questa continui ad essere un piacere, si presenta una soluzione che salva l’onore. “Il gioco delle tre carte” (Sellerio, pp.208, euro 8,90) è un piccolo libro, nell’ormai tradizionale formato della casa editrice siciliana, che soddisfa tutte le nostre richieste. E anche qualcuna in più.

E’ la seconda avventura scritta da Marco Malvaldi, giovane scrittore pisano, ambientata nel verissimo paese di Pineta, uguale a mille altri sulla costa tirrenica, da Massa a Cecina. In questo paesaggio veracemente toscano si seguono le indagini svolte da un “barrista” e dalla sua confraternita di reduci della prima guerra punica, che fanno parte del mobilio del bar come il bancone o la macchina del caffè. Questa volta a turbare le placidissime giornate del BarLume, interviene un congresso pieno di scienziati giapponesi, e la morte improvvisa di uno di essi. Massimo, il proprietario (forse) del bar, sarà impegnato suo malgrado a risolvere il caso, diviso tra la seduzione di un mistero da risolvere e l’ignavia che lo vorrebbe tranquillo a servire cappuccini e limonate ai suoi clienti fissi. Che sono poi quei vecchi che, da sempre, ogni giorno, in qualsiasi parte del mondo e qualunque lingua parlino, si ritrovano per vedere chi è l’ultimo ad essersene andato e controllare il risultato della schedina.

Quindi un giallo che deve soprattutto intrattenere, mentre si riposa al Parco sdraiati al sole o in metropolitana mentre si aspetta di arrivare al lavoro. Una roba leggera, che si può tenere nella borsa. Eppure questo romanzo ci regala (effettivamente abbiamo pagato il libro, quindi ci dà in cambio) quel qualcosa in più che rende un libro un buon libro. L’autore costruisce una varietà di registri, passando dal toscano dei vecchi, al perfetto italiano di Aldo una delle quattro o cinque persone in Italia a parlarlo davvero. Dal burocratese dell’ispettore di polizia, all’accento olandese di un professore impiccione. Malvaldi utilizza la nostra lingua in ogni sua declinazione, dosa con sapienza il termine ricercato perchè è quello che gli serve in quel momento, non sterile archeologia linguistica. Si sente sfogliando le pagine, la forza della tradizione italiana, della nostra lingua esplorata nelle sue migliori possibilità. A questa si aggiungono i colori vividi e vitali di una ricchezza tutta nostra, dei mille dialetti che per secoli hanno nutrito di nascosto il nostro idioma letterario. Il pisano parlato sì da vecchi, non è ancora però morto e porta la vita tra le righe del libro. Il dialetto e le lingue colloquiali se usate bene, servono ad avvicinare il mondo della scrittura al mondo della vita vera, perché in quell’inflessione siciliana, brianzola o toscana, non si può far altro che sentire gli stessi suoni che riempiono l’aria al cenone di Natale, o una sera d’estate in piazza. Qualunque sia il dialetto parlato.

Ma sarebbe ancora solo intrattenimento, anche se confezionato con cura. E invece Malvaldi pulitamente, durante l’indagine e il giallo poliziottesco, trova il tempo di fare tutt’altro: prendere in giro il povero Moccia, criticare la viabilità di Pisa, descrivere la disastrosa situazione dei giovani laureati in italia. Butta giù persino una piccola riflessione metaletteraria sul senso della letteratura e il rapporto tra racconto e romanzo. Quando magari la mente rischia di impegnarsi troppo e interrompere il riposo rigeneratore, è l’autore il primo a ricordarci di cosa stavamo parlando e farci tornare sui binari giusti:

“Comunque, siccome questo è un racconto senza pretese, è opportuno rimettere l’Uomo con la maiuscola tra i polverosi tomi di filosofia e tornare a focalizzarci sull’uomo con la u minuscola, l’automobile media e il naso enorme. Massimo, appunto.”

12 commenti

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12 risposte a “BarLume.

  1. Sempre il solito… altro libro da aggiungere alla mia lista!!! Bravo bravo, se scriverò un libro lo farò recensire da te!

  2. nonnoarmando

    Avevo letto il libro. Oggi ho letto la tua recensione.Ottimi entrambi.! Al contrario del tuo amico biglele91, io un libro l’ho già scritto. Perché non provi a recensirlo tu? :(Si chiama “I pupi siciliani” ed é uno dei cinque già in circolazione). GRAZIE in anticipo

  3. Non so come mi ero persa questo tuo commento. A me invece non piace, mi innervosisce quella descrizione della Toscana alla Panariello. E poi la trama gialla: inesistente!

  4. Ero molto giovane…no dai…mi è piaciuto. Non mi è sembrato così plasticoso ma…venivo dal trauma con il Cimitero di Praga, che è un libro che pretende molto e da veramente poco. Questo libro mi aveva rilassato l’animo. Non so…forse dovrei provare a rileggerlo…o magari a leggerne degli altri. D’accordo invece sull’assenza della trama investigativa…Sto leggendo Simenon se vale come riparazione. 🙂

    • Mi è tornato in mente perché in questi giorni su Sky stanno dando la serie tv tratta dai libri di Malvaldi. Mediocre come i libri, con un accento ancora più premuto sulla toscanità. Si salva solo Filippo Timi, che impersona il Barrista e che trovo un bravo attore. Ai miei bambini invece è piaciuta molto lei, o meglio una parte del corpo di lei (le tette) che si intravede in alcuni punti.
      Simenon vale eccome come riparazione 🙂

      • Ne ho sentito parlare..e visto il trailer su cielo. E ho notato soprattutto quello che hanno notato i tuoi bambini. Questi masculi!!! Non sei la prima che non lo trova una buona serie…credo che rimarrà ignorato. 🙂

  5. Seunanottedinvernounlettore

    Devo decidermi a leggerlo, questo Malvaldi.

    • Ma li stai leggendo veramente tutti gli articoli? Mi intasi le notifiche! 🙂 Comunque una lettura la merita…a me è stato regalato e poi non ne ho più letti o cercati…diversamente che con Simenon. Ma sono due cose ben diverse, Malvaldi re delle letture da spiaggia!

      • Seunanottedinvernounlettore

        Non tuttissimi, solo dei libri che mi interessano o che ho letto… Cormac McCarthy, soprattutto… devo vedere se leggere “Non è un paese per vecchi”, perché “La strada” mi è piaciuto ma la sua scrittura non mi ha convinta al 100%.
        Di Simenon non ho mai letto nulla, però con un contest ho vinto “Le signorine di Concarneau”… merita?

      • Ok ok 😉 era perché vedevo un sacco di “mi piace”! McCarthy mi piace, “La strada” probabilmente è più bello ma a me non dispiace neppure come scrive…”Figlio di Dio” invece è molto particolare, ti consiglio quello, è più vicino a certe cose di “La strada”. Di Simenon ne ho letti due. Eccezionale. Non aspettarti virtuosismi stilistici, è sempre scrittura di genere ma con classe.

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