Andata e ritorno.

ImmagineUn Natale o forse un compleanno di più di dieci anni fa, una zia mi regalò un libro. Come e forse più di qualsiasi altro regalo i libri sono qualcosa di personale ed è facile sbagliare. Fortunatamente all’epoca ero ancora un bambino di dieci anni e leggevo qualsiasi libro per ragazzini mi venisse regalato. La zia si premurò comunque di avvertirmi prima della lettura: disse che forse era un po’ difficile per uno della mia età e avrei potuto aspettare qualche anno prima di leggerlo. Fortunatamente non aspettai molto tempo. Dopo di esso lasciai da parte Istrici e Battelli a Vapore e passai a libri più voluminosi e voluttuosi. C’era qualche cosa tra quelle pagine che mi costrinse a ritoccare il metro di giudizio per le mie prime letture. Tra le mani avevo un serissimo libro, il numero 3 della collana, con la copertina color rosso scuro e il disegno di un’aquila al centro.

Era “Lo hobbit” (Adelphi, pp. 342, euro 13). Come me milioni di bambini in tutto il mondo da più di ottant’anni leggono e non possono fare a meno di amare, questo libro straordinario. Forse un grande, un adulto che legga per la prima volta questo libro rimarrà deluso: i nani sembrano nanetti da giardino, con i cappucci a punta di colori sgargianti e le barbe tinte di verde e blu e l’insulto più pesante che si pronuncia in tutto il libro è “rimbambito”. L’epica compagnia ballonzola da tutte le parti, rischiando troppe volte la pelle per poter sembrare competente di avventure che superino i confini del proprio giardino. Le spade si chiamano “Pungolo” e il protagonista, uno hobbit appunto, è una delle creature immaginarie più quiete e dedite ai piaceri della tranquilla vita casalinga che siano mai stati raccontati. Si, verso la fine forse qualcuno si fa male o ci resta secco, c’è anche un drago mi sembra, ma niente destino del mondo o cose del genere:

Sei una bravissima persona, signor Baggins, e io ti sono molto affezionato; ma in fondo sei solo una piccola creatura in un mondo molto vasto!

È e resterà sempre un libro per bambini, da leggere come tali. Altrimenti si perderà il fascino segreto dell’affabulazione, dell’arte di raccontare le storie ai nipotini davanti al fuoco, mestiere in cui il nostro J.R.R. Tolkien sembrava essere particolarmente dotato.

Decisamente “Lo hobbit” è un libro strano: infatti la prima cosa che si trova voltando la prima pagina è una mappa. E non è una mappa di cui si capisca molto, per metà indica cose che stanno fuori dai confini della cartina, e per metà è ricoperta di rune indecifrabili. Mistero misterioso suscita nell’animo del giovane lettore. Svoltando un’altra pagina ancora rune, seguite da un micro trattato di filologia linguistica sulla lingua dei nani e degli elfi. Possiamo capire che il professor Tolkien amasse la sua materia e che volesse spiegarla ai nipotini, ma il lettore medio-infimo è atterrito dalla presenza di una roba scolastica, leggendo un libro dovrei divertirmi, non imparare la glottologia. Ed ecco che il libro viene richiuso e riposto sullo scaffale. Ma il piccolo bambino, che ha visto la mappa e ora vede la spiegazione delle rune appena lette si illumina: gli è appena stato regalato un alfabeto segreto, un codice medioevale, vichingo, magico, mistico. E prima ancora di leggerli tra le righe del romanzo draghi, maghi e cavalieri gli riempiono il cervello e sta già pensando a quando il giorno dopo, insieme ai suoi amici potrà giocare in giardino.

Chi poi riesce ad affrontare le prime pagine viene catturato in modo inestricabile. Il narratore onniscente ti coccola, ti sospinge quando rallenti, ti frena quando corri, allude, dice spiritosaggini. Ti rimbocca le coperte e ti da un bacio della buonanotte, prima di finire il capitolo e andare a letto. Si entra nelle terre selvagge, niente alberghi per dormire la notte, niente burro per fare colazione, niente colazione. Tolkien cerca di spiegarci quanto sia difficile affrontare un’avventura, non tanto per i pericoli che si possono incontrare lungo la strada, ma per la nostalgia che avremo di casa: delle lenzuola fresche e pulite, della dispensa piena, del materasso morbido, del fuoco acceso, della torta nel forno, del sole sulla faccia un pomeriggio di Marzo.

Nonostante tutto questo, Bilbo alla fine è cambiato, e non per colpa dell’anello, ha ritrovato qualcosa dentro di sé e non riesce più a liberarsene. La magia dell’avventura brucerà per sempre dentro di lui e guardando le mappe continuerà a sognare di draghi, elfi e tesori lontani, là, oltre le montagne. Il desiderio e la curiosità di scoprire cosa si apre dietro alle loro sagome imponenti e inaccessibili. J.R.R. Tolkien era un noto conservatore, disprezzava l’industrializzazione e la tecnologia ma sapeva benissimo che per poter vivere pienamente bisogna fare una cosa fuori dall’ordinario e dalla pubblica decenza: un viaggio nel mondo, enorme vasto tremendamente pesante. Non restare chiusi nella nostra piccola tana.

12 commenti

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12 risposte a “Andata e ritorno.

  1. Lucy

    beh..rimane comunque un viaggio senza treno e tecnologia però :D.
    Io non ho letto “Lo hobbit” e ho appena sfogliato “Il signore degli anelli”..non sono d’accordo con te ma non ho delle valide prove non avendo un’esperienza in prima persona..Forse è come dici tu, ed è un libro che un adulto non avvicinerebbe..ma tanti appassionati delle avventure di questi piccoli personaggi disposti a passare 12 ore davanti ad uno schermo per amore delle loro avventure?e ancora più tempo davanti alle pagine di quello che fisicamente parrebbe proprio un mattone?Hai poca fiducia nella sospensione dell’incredulità..superato il piccolo scoglio iniziale tutti (o quasi) siamo capaci di ritornare bambini 🙂
    ps hai visto il film?

    • Non ho ancora visto il film, probabilmente aspetterò che esca l’ultimo. In ogni caso non era mia intenzione essere troppo critico, volevo solo suggerire l’atteggiamento che secondo me si dovrebbe avere quando ci si avvicina a questo genere di libri, proprio perché ho fiducia nella suspenzion 🙂

  2. Io sono una dei pochi che non hanno amato Lo Hobbit. (Letto anche io quando ero piccina… forse avevo sui 12 anni). E nemmeno Il Signore degli Anelli.
    Ma più per una mera questione di “gusti di genere”: il fantasy, pure quello classico ed elegante di Tolkien, non fa per me, temo, non mi ha mai appassionata.
    Però anche per me c’è stato quello scatto che ha cambiato il metro di giudizio sulle mie letture, sempre verso quell’età, qualcosa causato da letture che mi hanno colpito 🙂 Gli Istrici sono sempre deliziosi, però è da lì che ho iniziato a guardarli come a un bel ricordo d’infanzia.

    • Salani resta sempre la migliore casa editrice per ragazzi. Punto. 🙂 Apprezzo il fatto che tu definisca classico ed elegante Tolkien nonostante sia un genere che non ti piace, pollici in su. Comunque quello che si impara non è solo la possibilità di leggere libri per “grandi” ma proprio la scoperta che esistano libri scritti così bene, o con trame così originali e coinvolgenti che ti fanno smettere di leggere tanto e cominciano a farti leggere bene. A proposito di Salani di libri per ragazzi e fantasy, puoi ancora essere salvata dal tuo gusto di genere 🙂 se non lo hai ancora fatto prova Terry Pratchett.

  3. Correva l’anno 2001… forse… Premetto che sono stato iniziato al mondo di Tolkien (che è più che fantasy se posso permettermi) da mia mamma, appassionata lettrice de “Il Signore degli Anelli”. Lo hobbit mi è stato proposto come lettura perché volevo leggere proprio Il Signore degli Anelli, ma era troppo difficile per il Piccolo-Lele!! Allora per vedere se le cose che raccontava Tolkien potevano piacermi la mamma mi ha detto: “Comincia a leggere questo, poi potrai leggere quello più difficile!”. Io non leggevo molto al tempo, infatti non finii il libro né iniziai quell’altro… Farò la figura del matto… però mi sono fermato proprio sulla parte di filologia linguistica!!! L’ho imparata, ho ricopiato le rune più volte, le ho usate per scrivere testi e elementi delle avventure del D&D, ho scorso tutto il libro per traslitterare tutte le parole scritte in runico ed ho cercato di capirne le regole… Insomma a me il libro è piaciuto molto, anche se non l’ho mai letto!!! =) Adesso ho ricominciato dal principio: aspetto quindi la recensione del capolavoro di Tolkien che ho quasi finito di leggere: Il Silmarillion…

    • Il Piccolo Lele per fortuna (???) è cresciuto, a quanto mi sembra; e ha imparato a leggere i libri fino in fondo. Comunque sei proprio matto, più matto di un cavallo matto. 😉

  4. Simone

    Credo che “Lo Hobbit” sia un libro straordinario.
    Bene, forse mi sono sbilanciato un po’, ma dopo quasi venti minuti a rimuginarci su, non ho trovato altre definizioni per questo libro, così come per qualunque altra creazione uscita dalla mente di quel dannatissimo genio di John Ronald Reul.
    Proprio come in una triade hegeliana, il “Silmarillion”, “Il Signore degli Anelli” e “Lo Hobbit” rappresentano tre gradini dell’evoluzione di un mondo, di uno scrittore, del sogno di un bambino. Leggendo anche solo queste tre opere (tralasciando dunque altri capolavori come “Albero e Foglia” o “I Racconti”) , è inevitabile vivere una trasformazione, un’evoluzione onirica che ci permette di sondare ogni sfumatura dell’essenza umana, ogni paura, ogni limite, ogni scelta tormentata che anche noi abbiamo dovuto prendere.
    Ma buttandoci nella lettura, abbiamo anche respirato il coraggio di rischiare ogni sicurezza per rincorrere un sogno e abbiamo avvertito nello stomaco la forza necessaria quando siamo chiamati a combattere.
    Troppo spesso ci si dimentica che Tolkien è un autore tanto geniale quanto complesso. E quando decidiamo di confrontarci con una personalità allo stesso tempo antica e moderna, con un universo così stratificato e così profondo è come decidere di puntare la barca verso il largo e veleggiare verso acque sconosciute. E non solo! Il mare inizia a muoversi, le onde si alzano, la barca si rovescia e noi ci troviamo catapultati nell’oceano.
    Proprio così: leggendo Tolkien non si tocca.
    L’unica salvezza è nuotare, nuotare e nuotare; lasciarsi inondare da tutta la sua bellezza, la poliedricità, essere in grado di viverne il respiro epico e godersi le pennellate di autentica semplicità. Partecipare alle più grandi battaglie mai narrate da un autore “fantasy” (passatemi il termine, che è quasi un insulto per definire Tolkien) e gustarsi una bella colazione in una comoda cucina Hobbit, magari fumando un pò di Vecchio Tobia.
    Chi non lo apprezza, forse non è ancora pronto a sondare queste acque sconosciute, a buttarsi dove non si tocca. Nulla di grave comunque, forse non è il momento adatto. Come il buon vino, anche un libro cambia e migliora con il passare del tempo, trasformandosi talvolta da un noioso ammasso di pagine stampate alla più straordinaria delle avventure.
    Venendo a “Lo Hobbit”, è questo il libro forse più “accessibile” al pubblico, sia per il linguaggio utilizzato che per la semplice corposità del testo.
    Ciò nonostante sarebbe un errore giudicarlo un libro semplice, roba da bambini. Certo, “Lo Hobbit” è ANCHE un libro per bambini, da leggere un capitolo alla volta al proprio nipotino prima di farlo addormentare; ma la sua grandezza risiede soprattutto nel fatto che riesce a smuovere e a toccare le corde del cuore del più scialbo, insipido e banale degli adulti. Perchè come ci insegna James Matthew Barrie, tutti siamo stati bambini, e dentro di noi c’è ancora, sepolta, la paura dei draghi, la voglia di riconquistare un tesoro, il desiderio di lasciare tutto per buttarci a capofitto in una grandiosa avventura.
    E così, ci basterà leggere o rileggere la frase “…in un buco del terreno viveva uno Hobbit… ” per essere già con il pensiero e con il cuore a casa Baggins, le tasche piene di deliziosi manicaretti, il bastone da passeggio in mano, pronti per seguire Bilbo alla volta della Montagna.

  5. Pingback: Articolo #2 | Muninn

  6. Io avevo più o meno la stessa età e l’ho odiato 😦
    Tra l’altro non ricordo se fosse un’imposizione scolastica o fossi proprio andata a cercarmelo…

    • Scusami tanto per quel 11d che mi compare sul tuo commento, credo che stia per 11 giorni di attesa. Che sono troppi. Ma cosa te lo ha fatto odiare? E’ abiezione generale per il fantasy o altro?

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