L’Amore a parole.

Più numerosi delle stelle nel cielo e dei granelli di sabbia nel deserto sono i romanzi d’amore. Dai recessi ellenistici del romanzo alessandrino, fino ai suoi degni eredi dalle esplicite copertine rosa, hanno attirato l’attenzione di miliardi di persone. Se c’è mercato si produce. Infinite variazioni, mescolamenti, ambientazioni, personaggi, intrecci, atmosfere, cose, animali. Se si vuole avere una vaga idea di come possa essere l’universo in espansione basta pensare al numero di titoli che rielaborano in qualche modo, la stessa idea. Se non sapete come fare in modo che la gente legga il vostro libro fantasy, perché non sbatterci dentro due adolescenti, e tra loro un’eterna tensione emotivo/erotica che si scioglie solo nelle ultime tre pagine (dopo l’uccisione del boss finale).

Lui/lei e lei/lui si amano, o pensano di amarsi, o si ameranno. Due poli opposti che si attraggono a vicenda, separati però da un oceano di resistenze e ostacoli. Altri uomini, altre donne; timidezza pudore vergogna, mari, montagne fiumi continenti; Don Rodrigo, licantropi zombie vampiri; il castello fatato del mago Atlante, la forma di rana, la forma di cigno; l’età, il sesso, la barba e i baffi; un travestimento, un iceberg, la Guerra di Secessione; ovviamente orchi, draghi, l’Orlando ignudo che abbatte gli alberi; il rancore, la vendetta, padri madri sorellastre, la strega cattiva; differenze economiche, differenze linguistiche; incendi naufragi e sventure meteorologiche assortite; una casa sul lago del Tempo, bellocci fotomodelle pirati, nazisti, gli alieni; l’orgoglio, il pregiudizio.

Come con tutto il resto, occorre abilità e talento per fare di una banale storia d’amore un grande romanzo e un classico. Tutte queste ingegnose intuizioni non valgono niente, sono solo sterili variazioni sul tema, se non sono sostenuti da robuste fondamenta. Uno stile adeguato, personaggi di spessore, capacità di regia. E questo è il caso del più famoso romanzo di Jane Austen, “Orgoglio e Pregiudizio” (Mondadori, pp. 372, euro 9,00). Scritto durante le Guerre Napoleoniche, è uno splendido affresco dell’epoca, disegnato col tratto veloce, per rendere sbuffi, fiocchi, merletti e gonne. L’aristocrazia inglese si apprestava a vivere il suo secolo d’oro, la guerra tocca solo da lontano le sorelle Bennett, e lo fa sotto forma di aitanti ufficiali in divisa rossa, ottimi per una quadriglia. Idillico idillio.

Attorno ai due protagonisti volteggiano alcuni dei migliori personaggi secondari della letteratura mondiale. Il signor Bennett, il peggiore o il migliore padre del mondo (dipende dai punti di vista) scorbutico e riservato, geloso delle sue figlie da rischiare di lasciarle tutte zitelle. La signora Bennett sua moglie, svampita e schizzata come poche, nessuno si stupirebbe se tirasse fuori dalla borsetta un chiuaua. Sorelle, soldati, generi, cugine, tutta la nobiltà dell’epoca. Un mondo forse frivolo e superficiale. E non dovrebbe essere altrimenti, è il mondo ideale per descrivere gli ostacoli più forti all’incontro dei due innamorati, loro stessi. In mezzo a questa baraonda si segue la storia di Elizabeth Bennett, seconda di cinque sorelle, seconda solo alla maggiore per bellezza, a nessun altra per carattere. Sir Darcy di Pemberley, nobile ed altero possessore di una rendita da diecimila sterline.

Liz e il signor Darcy. Divisi dai loro stessi sentimenti, dal pregiudizio: per lei Darcy è un uomo arrogante e superbo. Per lui lei è una donna di rango inferiore, con alle spalle un’imbarazzante famiglia. Entrambi orgogliosi, sono sordi alle verità dette e taciute. Se ci fermassimo qui sarebbe ancora tutto abbastanza appiccicoso, e non dissimile dalle altre storielline. Ed ecco il lieve tocco di talento stilistico della Austen. Le parole. In tutto il libro sono brevissime le descrizioni, appena sufficienti per capire se questo o quel personaggio è maschio o femmina. O capire dove ci si trova. Invece di far parlare le immagini, l’autrice fa parlare le parole. Ogni singolo personaggio è creato e descritto attraverso quello che dice. Nelle lunghissime, intricate, complesse, eppure così facili da leggere, frasi del suo periodare mette tutta la forza possibile. Ogni parola, nuda nel contesto appena accennato, è carica di tutto il significato, il sentimento, che passa per le menti e i cuori dei due protagonisti. Poche parole, pronunciate con aristocratica cortesia e formalità, investono il lettore inaspettatamente. Anche se sembrano artificiali, sovrabbondanti, le parole sono attraversate dalla profonda tensione dell’anima, che vibra al minimo sussulto nella voce. La Austen non è mai romantica, appassionata, ma pragmatica, materialista addirittura, ma proprio per questo è stata capace di raccontare il sotterraneo scontro delle forze che agitano la quotidianità. Lottare contro se stessi, perdere anche, per amore.

3 commenti

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3 risposte a “L’Amore a parole.

  1. ro

    Amo Jane Austen. Bella recensione.

  2. Pingback: Donne. | Muninn

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