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Intervista #1.

QUI potete trovare l’intervista di Shane Jones per Vogue su Daniel contro l’Uragano. Ci troverete alcune cose interessanti, altre meno. Io avrei voluto sapere quale tipo di tè preferisce (non è assolutamente una battuta ma quasi filologia, leggete i suoi libri). La mia recensione invece la trovate QUI. Buona lettura e…Buone Feste!

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Vento di amore e follia.

bp-big-12101117500299La parola “uragano” era il nome della dea del mare dei Caribi: il suo furore rabbioso ispirava rispetto nelle piccole isole degli arcipelaghi. Qualche volta la tempesta sale, fino ai confini del Tropico del Capricorno, e diventa sempre più rabbiosa: l’aria calda dell’equatore si schiaccia, si attorciglia e comincia un vorticoso balletto con l’aria fredda dell’Artide. L’energia esplode. Agli uragani vengono dati nomi femminili, ci sono degli elenchi, con una serie di nomi scelti da chissà chi e ogni volta una massa di aria e acqua diventa Jane, Katrina, Sandy. Chissà perché? Forse è solo un modo di omaggiare la dea del mare, pregandola di essere clemente. In italiano la parola “uragano” è maschile. Evidentemente sono molto rari da noi.

Viste le dimensioni del fenomeno, si possono seguire i suoi movimenti per giorni, settimane. Per centinaia di migliaia di kilometri il vortice viaggia, si ingrossa si sgonfia, accelera e rallenta. I meteorologi prevedono con largo anticipo le sue manovre, e chi si trova sulla traiettoria attende. È una strana sensazione: all’orizzonte il cielo è limpido e il mare calmo ma da qualche parte laggiù, dove la caligine confonde onde e nuvole c’è qualcosa che sta per arrivare, quasi un’entità superiore che a momenti giungerà da un’altra dimensione. Per giorni si può aspettare, senza che succeda niente, quand’ecco che tutto accade, oppure no.

Daniel contro l’Uragano (ISBN, pp. 245, euro 15) racconta anche di questo. Shane Jones ci precipita dalle atmosfere ovattate, dalle filastrocche, dagli aquiloni e alle mongolfiere di Io sono Febbraio in mezzo alla realtà. O almeno questo vuole farci credere. Esce dal mondo delle fiabe, solo per entrare nel mondo del sogno. Nel libro si intrecciano le visioni (non le vicende, quelle si erano già intrecciate e ora sono una sola) di due persone differenti, o forse sono due e mezzo e non sono tanto diverse: Daniel è terrorizzato dall’arrivo di un Uragano, e come ultimo rifugio sceglie la sua mente; Karen è sua moglie e deve salvarlo. Il tutto è avvinto, attorcigliato, mischiato, come nell’occhio del ciclone, come in mezzo all’intreccio di migliaia di tubazioni, ognuna che trasporta un messaggio diverso.

Daniel deve costruire un condotto che protegga la città dall’uragano, deve fare presto. Ad aiutarlo una schiera di personaggi surreali. Un bambino che sa scrivere esattamente quello che pensi, un sognatore da due secondi, un uomo tatuato, l’uomo più bello del mondo con il sorriso più brutto. E su tutto il peso della tempesta che pesa, prende forma, tira le barche, si azzuffa col cielo. Orsi filosofici tirano ghiande agli scoiattoli, la tigre di Blake dardeggia nell’oscurità della foresta.

Daniel deve cercare sua moglie. Sente di doverlo fare, gli manca anche se non si ricorda bene che faccia abbia. Lo seguiamo nella foresta, sotto il mare, in mezzo a tubi di qualsiasi forma e dimensione, colore e materiale, disegnati, saldati o immaginati. Karen deve cercare suo marito, anche se costerà fatica, perché lui ha bisogno di lei.

Shane Jones dopo averci addestrato a leggere la sua prosa-poesia si tranquillizza, ma si ostina a non voler usare i punti di domanda e tutte le richieste diventano un po’ ordini. Non tranquillizza noi, per tutto il tempo si percepisce qualcosa di sbagliato, di fuori posto. Siamo trascinati, da un forte vento, dietro a Daniel e Karen che si inseguono in due mondi differenti senza toccarsi. Solo qualcosa di mostruosamente potente può rompere il confine. Solo l’Uragano.

Questo è un libro che racconta semplicemente di amore e follia, che sono un po’ la stessa cosa. E di tante altre cose, di tante necessità: sentirsi protetti, essere ricordati, poter sognare la notte. Vuole insegnare a non arrendersi, quando si cerca qualcosa, neanche davanti a un uragano, bisogna diventare uragano. Non fermarsi. Prendete quindi la vostra poltrona, il vostro divano, se potete costruite un rifugio con i cuscini e le coperte dentro cui sentirvi al sicuro; chiudetevi nell’armadio a leggere, sotto un tavolo, protetti dal vento e dalla pioggia. “Vorrei che il vento scoperchiasse il tetto e mi portasse via, nello spazio” dice Bill Murray in Moonrise Kingdom, sdraiato a letto, fuori la tempesta e sua figlia, appena scappata di casa. Non permettetelo: serrate le imposte e chiudete la porta. Entrate dentro all’universo che Jones ha scritto per voi, e leggete. Quando avrete finito capirete che non sono le pareti a tenerci al sicuro, ad impedirci di volare via nello spazio, ma è solo il fatto che là fuori qualcuno, ci sta cercando.

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