Smagliature.

00.15 – Nello stomaco il pranzo di Pasqua e quello di Pasquetta, accendo il portatile e bevo una tisana.

00.20 – Guardo una pagina bianca. In televisione un Clint Eastwood senza sigaro cerca di scappare da Alcatraz.

00.39 – Mi trastullo i baffi. Coi baffi assomiglio al commissario Gordon, quello dell’ultima triologia, non quello panzone di Batman Forever.

Spengo il portatile e vado a letto. Non c’è verso di scrivere una recensione questa sera. Non che ci sia il panico della pagina bianca ma quando ti senti in dovere di fare una recensione alla settimana hai paura di cominciare a scrivere un sacco di cavolate solo perché devi svolgere un compito. Cerchi un’ idea, quella giusta, che ti permetta di cominciare a scrivere un articolo che venga letto e apprezzato. La insegui per giorni ma non la trovi. Uno stress inutile. Ci vorrebbe un versificatore. Uno di quegli apparecchi che sanno comporre poesie in modo automatico, ovviamente programmato per comporre in prosa. Sarebbe un sollievo non trascurabile! Potrei portarmi avanti col lavoro, scrivere recensioni anche di libri letti da troppo tempo e di cui ricordo poco o nulla.

Ma esiste veramente uno strumento del genere? Esiste, e da ben 47 anni, da quando Damiano Malabaila alias Primo Levi pubblicò le Storie naturali (Einaudi, pp. 251, euro mah! è fuori commercio e non l’hanno ristampato, penso che alcuni li troverete nei Racconti, pubblicati sempre da Einaudi).

Il versificatore è infatti il titolo di uno dei racconti raccolti in questo libro. È un’antologia di curiosità scientifiche, un almanacco di alta tecnologia. In ogni breve narrazione viene presentata, in modo sempre diverso, una rivoluzionaria invenzione: i mnemagoghi permettono di creare un archivio di ricordi abbinati a certi odori, sfruttando in modo scientifico l’intuizione della madeleine proustiana; la versamina è una sostanza che permette di trasformare gli impulsi nervosi del dolore in piacere; il mimete, grazie a un serbatoio di elementi ricaricabile, permette di eseguire copie esatte di qualsiasi cosa o essere vivente, anche l’uomo.

È difficile collocare nella fantascienza quest’opera. Anche a causa del piacevole senso di quotidianità che permea molti racconti. Tutte le invenzioni vengono usate nella vita quotidiana degli anni ’60, fatta ancora di nastri, transistor e giganteschi calcolatori: un futuro vintage, come quello dei Jetson – i pronipoti, oppure dei primi film di James Bond dove per fare un computer bastano dei pulsanti colorati e del cartone argentato; con lo strano risultato però di farci sentire un po’ più familiare la pagina scritta: niente astronavi e pianeti lontani ma l’affollata spiaggia romagnola in agosto.

Queste invenzioni quindi, non sono solo immaginazione fine a se stessa, c’è una precisa volontà dell’autore di riflettere e pensare alle conseguenze portate da questi potenti strumenti sulla vita umana. Subito colpiscono i personaggi: sono cinici, spinti da brame potenti, che li portano al limite della malvagità gratuita. Persino l’autore, protagonista di alcune storie, non esita a utilizzare il mimete per duplicare diamanti. Anche se apparentemente trascinati dall’amore per la scoperta e la conoscenza, gli uomini che popolano queste pagine si rivelano creature sofferenti e abiette, drogate, immorali, criminali. Anche il signor Simpson, tra tutti quello che forse ispira più simpatia, è un venditore senza troppi scrupoli che non esita a commercializzare le pericolose invenzioni dell’azienda per cui lavora. Un umanità meschina, succube delle proprie pulsioni e ossessioni.

Non aspettatevi però un tono cupo e da crepuscolo degli dei, le invenzioni di Primo Levi sono raccontate con una spudorata leggerezza. Tranne forse un paio di racconti, ambientati tra le rovine della Germania post-bellica, tutti gli altri svolazzano lievi tra termini scientifici astrusi o piccole scenette teatrali, degne delle Operette morali di quell’illuminista impenitente che fu Leopardi. E tra  queste pagine troviamo lo stesso amore per la ragione, la consapevolezza delle potenzialità dell’uomo, il pessimismo estremo e la paura per pericoli della conoscenza. Allo stesso modo, con ironia e competenza, Levi lo scienziato, il chimico, l’uomo razionale crea delle “trappole morali” dove ogni esperimento è destinato al fallimento alla rovina. Sogni di civiltà che si infrangono contro l’uomo troppo umano. Nonostante il suo autore li abbia pensati come dei freddi esercizi di concetto, è impossibile non sentire, tra le smagliature della ragione, il brivido dell’abisso.

“Ho scritto una ventina di racconti e non so se ne scriverò altri. Li ho scritti per lo più di getto, cercando di dare forma narrativa ad una intuizione puntiforme, cercando di raccontare in altri termini (se sono simbolici lo sono inconsapevolmente) una intuizione oggi non rara: la percezione di una smagliatura nel mondo in cui viviamo, una falla piccola o grossa, di un “vizio di forma” che vanifica uno od un’altro aspetto della nostra civiltà o del nostro universo morale. Certo nell’atto in cui li scrivo provo un vago senso di colpevolezza, come di chi commette consapevolmente una piccola trasgressione. Quale trasgressione? Vediamo. Forse è questa: chi ha coscienza di un “vizio”, di qualcosa che non va, dovrebbe approfondirne l’esame e lo studio, dedicarcisi, magari con sofferenza e con errori, e non liberarsene scrivendo un racconto. O forse ancora: io sono entrato (inopinatamente) nel mondo dello scrivere con due libri sui campi di concentramento; non sta a me giudicarne il valore, ma erano senza dubbio libri seri, dedicati ad un pubblico serio. Proporre a questo pubblico un volume di racconti-scherzo, di trappole morali, magari divertenti ma distaccate, fredde: non è questa frode in commercio, come chi vendesse vino nelle bottiglie dell’olio? Sono domande che mi sono posto, all’atto di scrivere e del pubblicare queste “storie naturali”. Ebbene, non le pubblicherei se non mi fossi accorto (non subito, per verità) che fra il Lager e queste invenzioni una continuità, un ponte esiste: il Lager, per me, è stato il più grosso dei “vizi”, degli stravolgimenti di cui dicevo prima, il più minaccioso dei mostri generati dal sonno della ragione”. P. Levi

7 commenti

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7 risposte a “Smagliature.

  1. Ele

    Ho avuto modo di conoscere un’altra prospettiva di Levi (che poi altra non è) seguendo il corso di Falcetto, credo sia affascinante e terribile allo stesso tempo come l’autore riesca a trasmettere la sua esperienza di scrittore e di chimico, ma soprattutto di deportato attraverso i fili e le sfumature della fantascienza. Vorrei lasciarti con questa citazione tratta da “Se questo è un uomo”: “Oggi, questo vero oggi in cui io sto seduto a un tavolo e scrivo, io stesso non sono convinto che queste cose sono realmente accadute.”

    • E’ esattamente la stessa impressione che ho avuto io 🙂 è una fantascienza molto ricca e complessa, che nonostante si aggrappi con tutta la forza possibile alla realtà, continua a sfuggire.

  2. Lucy

    Un uomo straordinario, poliedrico e complesso, consapevole e dalla grande forza interiore. Quando ho scoperto che Primo Levi non era un testimone della Shoa come gli altri, mi si è aperto un mondo! Leggi “Il sistema periodico”, credo che lo stile sia lo stesso di questi racconti.

    • Credo anche io, dovrei avercelo nella biblioteca di papà…:) Condivido anche quello che hai detto su Levi, è sicuramente tra i grandi della letteratura italiana del Novecento, proprio perché ha saputo andare aldilà della condizione storica, particolare e personale per scrivere qualcosa che parlasse a tutti, sempre. Questa è ALTA letteratura.

  3. Lucy

    Ps ma l’immagine delle “Smagliature della ragione” è tua?

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