Storie con la S maiuscola.


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poi dovete sapere molto bene l’inglese».

Questo è il prezioso contributo offerto dalla conferenza di ieri sulle professioni dei laureati umanistici. Una summa, un sunto, un tweet. Si spiegava come certamente la letteratura, la filosofia, il greco e il latino siano importanti, più importanti anche delle materie scientifiche. Solo che poi, nella pratica, quello che hai imparato in 4, 3 o 5 anni non ti servirà mai. Certo, grandi abilità, competenze, adattabilità, elasticità. Tutte quelle cose che si ficcano nei CV per arrivare a fondo pagina. «Eh, mi spiace, hai frequentato l’università ma non sai abbastanza, neppure per insegnare il latino all’asilo.» Ma come? «Si, si puoi trovare lavoro in un ambito diverso da quello didattico o editoriale, basta che fai un master in Scienze Politiche o in Matematica.» Beh. «Serve un po’ di autoimprenditorialità.» Insomma ranges. Allora cosa sono venuto a fare a Milano? Per frequentare lezioni di stralunati e folli misantropi? Stavo a casa e leggevo. Imparavo di più. Mi autoimprenditorializzavo. Per scrivere la tesi mi sono basato sulle indicazioni che la mia insegnante di terza liceo mi aveva dato per il saggio breve. È come se, condotto in mezzo a un deserto, con in mano un cucchiaino, mi avessero mostrato una Panda arrugginita dicendo: «Bravo! Ora immagina che sia un fuoristrada e vedrai che te la cavi!»

Cos’è la cultura umanistica? O meglio, quella che mi fornisce oggi l’università? Perché mai dovrebbe aiutarmi nel lavoro quando un ingegnere che abbia una generica conoscenza dell’italiano, una biblioteca ben fornita vicino a casa e un minimo di voglia può arrivare al mio stesso livello? Io lo posso anche mettere in fondo al curriculum, vicino a dove c’è scritto che faccio judo, che ho letto tanti libri interessanti, molti di più rispetto a una scimmia e molti di meno rispetto a un docente universitario. Interesserà veramente a qualcuno?

Ho appena finito di leggere con grandissimo entusiasmo, il che mi ha regalato alcuni sguardi preoccupati da parte degli amici, il primo volume della Storia delle Crociate di Steven Runciman (Einaudi, pp. 1153, euro 26). Perché Muninn dedica spazio, ed è già capitato QUI e QUI, ai voluminosi saggi di storia? O meglio ad alcuni di essi? Perché se lo meritano, ecco perché.

Tra la sterminata produzione di libracci esoterici come La vera storia dei templari satanisti; vergognosamente nostalgici come Il fascismo – perché i treni arrivavano in orario; asetticamente accademici come La produzione dei chiodi nella Bergamo del 1800; c’è chi, nascosto tra la pula, ha il coraggio di raccontare una vera storia (con la s minuscola), col respiro dell’epica ma la chiarezza di visione di uno storico rigoroso. Questo è il caso del nostro caro Runciman, che guarda caso porta un nome degno di un paladino di Carlo Magno o uno scudiero di Orlando. Nonostante sia un bel supermattone di più di mille pagine la lettura è avvincente e quasi mai noiosa: omicidio, incesto, lebbra, guerre, massacri indiscriminati di popolazione civile inerme, tradimenti, capricci, donne e uomini bramosi di potere ma incapaci di gestirlo, intolleranza etnica e religiosa. Un libro di storia fatto bene è quasi meglio di Tempesta d’Amore e di qualsiasi altra soap opera sia mai stata pensata. Colpi di scena inattesi, gestiti con l’abilità dello scrittore di romanzi, solo che qui tutto è successo veramente. Runciman è bravo a scrivere ed è bravo anche a fare un’altra cosa: all’inizio di ogni capitolo c’è una citazione, sempre dalla Bibbia o dalle Lettere di qualche apostolo. Da bravo anglicano probabilmente gliela pucciavano nel porridge la mattina, ma grazie a questo ogni citazione è inevitabilmente perfetta per introdurre il suo capitolo, quattro parole di un profeta ebreo colorano cento pagine di saggio storico meglio di un immagine.

Sicuramente per leggere in questo modo un libro del genere bisogna dare fondo alle proprie risorse immaginative, fino a grattare il fondo. Ma con un po’ di allenamento ecco comparire poderosi eserciti in scintillanti armature, muraglie grandiose, splendidi palazzi. Solo che non sono le romantiche avventure dei crociati cristiani la cosa importante che questo libro ci lascia, quello per cui merita di essere ricordato. Questo è un libro che parla degli uomini, uomini grandiosi, che fanno la Storia (con la S maiuscola), ma pur sempre mortali:

“I francesi potevano ben tentare di far ricadere su altri la colpa dell’insuccesso, sullo sleale imperatore Manuele o sugli indifferenti baroni palestinesi, e san Bernardo poteva lanciare minacce contro i malvagi uomini che intralciavano i piani di Dio, ma in realtà la crociata non aveva concluso nulla a causa della ferocia, dell’ignoranza e della vuota stupidità dei suoi capi.”

Queste quattro righe, più le altre mille che stanno dietro, materia inerte animata da una scrittura abile, insegnano sull’uomo e sulla vita, sulla politica di oggi di ieri e di domani più di quanto possa fare un corso universitario o la lettura di tutti i giornali del mondo. Questo è quello che da in più la “cultura umanistica”. Questa è la dignità delle lettere. Per questo ricordiamo libri del genere. Saper giocare a scacchi non basta.

14 commenti

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14 risposte a “Storie con la S maiuscola.

  1. Ele

    Non sottovalutare mai le Panda, nemmeno quelle arrugginite! 😛
    Sinceramente non capisco perchè tu vada a incontri del genere, sappiamo già com’è la situazione, ci stanno solo prendendo per il culo, non c’è bisogno che ci intortino con cazzate.
    P. S. ho conosciuto il Mike, non è così mostro!

    • Micchele? No che non è un mostro! Fa degli ottimi biscottini al burro! Comunque boh, pensavo che in Cattolica avessero più SWAG ma erano tutti in camicia.

      • Ele

        Non so se hai notato ma su Faccia uno che conosco che sta approfondendo i suoi studi proprio sulla Storia Medievale (secondo me ce lo ritroviamo come assistente dell’Albini), ha smontato questo libro.

      • zut! copia e incolla qui il commento, che non so se lo posso vedere 🙂

  2. Rob

    Bell’articolo, come sempre 🙂
    Mi è quasi venuta voglia di leggere il libro (ma le mille pagine mi spaventano un po’…) 😛

    • E’ come se metti 10 libri da 100 pagine. Considera che poi puoi andare nel ghetto, guardare la gang di latinos con sufficienza e digli: “Me ne sono fatte MILLE!”. Per ritornartene poi tronfio per la tua strada.

  3. rob

    Io, varesino, voglio assolutamente leggere “La produzione dei chiodi nella Bergamo del 1800”. ADESSO!
    Ho cercato su amazon.it, ma non c’è. Non lo trovo nemmeno nella TOP100 di IBS.it. Sarà l’effetto della nuova opera di Saviano o degli instant-book su Papa Francesco. Dove posso trovarlo?

    Un pensierino anche sui CV. Di mestiere io faccio CV. Non solo, ma anche. E che ridere quando ho letto “Tutte quelle cose che si ficcano nei CV per arrivare a fondo pagina”. Già. Che noia ricevere CV in cui si dichiarano le doti di socievolezza, cortesia e adattabilità a lavori in gruppo, anzi in TEAM. Se avessi un’azienda, assumerei solo persone che avessero il coraggio di scrivere: IO ODIO TUTTI. Soprattutto di lunedì.

    CIAO!

    • La prossima volta che io, brianzolo, andrò a Bergamo di Sopra, entrerò nella bellissima biblioteca che hanno lì. Farò qualche ricerca e se non lo trovo, lo scrivo e lo pubblico io. Non sarebbe un falso, perché è un libro ontologicamente necessario.
      Grazie del pensierino sui CV. Continuo a stupirmi ogni volta di come riesci a dire cose serie mentre sembra che dici pirlate. Penso che lo dovresti scrivere sul tuo, di CV. Sotto SUPERPOTERI.

      • rob

        Bello, un CV con una sezione “Superpoteri”. Aggiorno subito, sia il mio che quelli per i miei utenti.

        Viva i CV personalizzati, abbasso il CV in formato europeo: abominevole. Aboliamolo. Facciamo partire da qua una campagna per la sua soppressione? Magari con l’accessoria soppressione fisica di chi lo ha ideato.
        CIAO!

  4. Basta esaltare Quella prof di terza liceo!! Io sono cresciuta benissimo anche senza! Ormai lo abbiamo capito tutti che all’università devi arrangiarti, mentre al liceo qualcuno che ti guida lo trovi sempre.

    • Buuu Lucia. 🙂 anche la Sara mi ha sgridato. Comunque nessuno voleva esaltarLa o fare il triste bambino abbandonato. E’ più triste che un luogo fisico e mentale nato per la condivisione tra professori e studenti in modo diverso dalle lezioni come l’università abbia perso quel valore aggiunto. E’ giusto non piangersi addosso e forse ho esagerato ma è altrettanto giusto ricordare che non è questo il modo in cui le cose devono andare.

  5. Visto il tema, provo a chiederti una cosa. Anni fa, alla Fiera del Libro di Torino, avevo trovato un volume che raccoglieva le memorie di uno storico arabo (credo) vissuto al tempo delle prime crociate (credo n°2). Descriveva queste ultime dal suo punto di vista, ovviamente, e la narrazione era davvero interessante. Scioccamente, lasciai il libro allo stand. Non è che per caso tu ne abbia mai sentito parlare? 🙂

    • Non ne ho mai sentito parlare…ma credo di averlo intravisto su Amazon tra i consigliati, accanto a questo libro…non sarebbe male come idea dare una lettura anche a quello 🙂 mi documenterò!

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