Storie di pirati.

Quindici uomini sulla cassa del morto,

yo-ho-ho, e una bottiglia di rum!

isolatesorocopertinaCi sono storie che, se ben raccontate, vivono per sempre. Nascono nella mente dell’autore, passano comodamente la vita nel loro mondo di finzione aspettando che qualche lettore le faccia rivivere nella sua, di mente. Ce ne sono altre invece, che per qualche strano motivo cominciano a fuoriuscire a fiotti dalla fantasia eccitata dei lettori, smettono di esistere solo tra carta e inchiostro (o bit e pixel) e prendono vita propria. Passano di media, vengono adattati, ridotti, illustrati. Ne fanno versioni per bambini, musical con o senza i Muppet, serie televisive e film, canzoni e cartoni animati. Si arriva fino al punto che la loro presenza nell’immaginario universale è così pregnante da far dimenticare le proprie origini. Una di queste storie è L’isola del tesoro (BUR, pp. 319, euro 9.90, traduzione Michele Mari).

Ho letto il libro, il libro vero, quando ero “grande” ormai: l’ho finito poco più di una settimana fa, grazie a un amico. Ma non potrei dire di non sapere la storia dentro al libro, che mi era giunta agli occhi e alle orecchie nei modi più diversi. E uditivo è il mio primo ricordo: il mio papà, quando ero piccolo, ogni tanto cantava quei versi che aprono l’articolo, forse per farci addormentare o forse perché faceva piacere a lui, solo quei due versi, variati e ripetuti. È la canzone dei pirati, che tutti conoscono e che segna il loro destino di bucanieri, fuorilegge al di là di qualsiasi regola, e di qualsiasi ragionevolezza. È la canzone che canta Long John Silver, che canta il capitano Flint, che canta Billy Bones, che canta il vecchio Ben Gunn. Solo che sulla carta – ovviamente – la melodia non c’era: la maledizione di chi nei romanzi mette delle canzoni o delle vecchie filastrocche. Io invece, fortunato, ero l’esclusivo possessore di una serie di note profonde e misteriose, una piccola storia a sé stante, col brivido della bara e l’incognita dell’alcool di contorno.

Ma la mia era solo una decorazione, un bellissimo ghirigoro che fa da cornice a un quadro: il meglio stava sulla tela. Se l’opera di Robert L. Stevenson è diventata uno dei libri letti dai ragazzi di tutto il mondo il merito è tutto suo, non di una canzone. Raccontare non è affatto affar semplice e questo libro è l’eterno rimprovero a chi lo pensa: i personaggi e le storie possono essere semplici ma devono essere profonde. Profondità che si può dare con due righe come con cento pagine e non è sinonimo di complessità. Non scriverò mai che il Capitano Smollett era un perfetto gentiluomo britannico, ligio al dovere ed educato; ma gli farò pronunciare queste parole sotto una pioggia incessante di piombo, mentre un cannone gli viene puntato addosso: «Signor Trelawney, vorreste per cortesia abbattermi uno di questi uomini? Hands possibilmente». Sembra facile ma non lo è, serve una capacità immaginativa superiore per creare personaggi così belli e ben fatti da poter vivere al di fuori del mondo di carta del libro.

Ed ecco allora sfilare sotto i nostri occhi i componenti della ciurma: il dottor Livesey, inamidato, parruccato e razionale prototipo del dottor Maturin, il rigido capitano Smollett e l’irascibile Sir Trelawney con sopracciglia folte e nere e un irruenza degna del capitan Haddock di TinTin. Il reietto Ben Gunn, novello Robinson Crusoe che quasi è uscito pazzo dalla lunga solitudine, salta come una scimmia e ulula le sue vecchie canzoni nella foresta, Israel Hands e gli altri marinai e bucanieri della ciurma, sporchi ubriachi e ringhiosi, con quella folle luce negli occhi. E poi lui, il cuoco di bordo, Long John Silver. Che senso ha nascondere che lui in realtà è un pirata e il capo dell’ammutinamento? La sua fama corre per i sette mari e supera quella di tutti gli altri, persino del suo creatore. Long John è un pirata, gli manca una gamba ma in compenso ha un pappagallo e la battuta sempre pronta. Lui è il pirata, l’avventuriero, il voltagabbana, il ribelle, il fuorilegge, da tutte le leggi, persino da quelle dei suoi stessi compagni di rapina.

Cosa puoi dire su L’isola del tesoro? È la storia dei pirati, i pirati faranno i pirati e se sull’isola c’è un tesoro qualcuno lo troverà. Degli uomini moriranno e altri torneranno a casa per raccontare questa storia, come il giovane Jim Hawkins, il nostro narratore, che sembra assolutamente incapace di fare la cosa giusta al momento giusto e che non è proprio un bell’esempio per un ragazzino. Perché allora questo libro viene fatto leggere ai bambini di tutto il mondo? Perché educa, ma non a distinguere il giusto dallo sbagliato, ma ad emozionarsi. Ben miseri sarebbero i coraggiosi bambini senza paura del buio. La sera prima di addormentarsi le canzoni dei loro padri non direbbero nulla, solo combinazioni matematiche di vibrazioni trasmesse dall’aria.

Quindici uomini sulla cassa del morto,

yo-ho-ho, e una bottiglia di rum!

25 commenti

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25 risposte a “Storie di pirati.

  1. Athenae Noctua

    “L’isola del tesoro” è senza dubbio uno dei libri che ho letto (pure io non proprio da bambina) con maggior entusiasmo: agile e breve, è tuttavia pieno di avventura senza essere scontato e si alimenta decennio dopo decennio del suo stesso mito, arricchendosi sempre più di significati! 🙂

  2. Anche io l’ho letto in versione integrale già adulta e, come te, mi sono emozionata. Al libro vero (la storia come tutti lo conoscevo già) sono arrivata tramite il libro di Larsson “La vera storia del capitano Long John Silver” che consiglio con passione a chi ha amato L’isola del tesoro.

    • Mi sembra di aver letto la recensione sul tuo blog..:) pensavo di leggere proprio quello tra poco! E mi sento molto meno solo a sapere di non essere l’unico “grande” ad averlo letto 🙂

      • Forse, da grande, dopo esserti sorbito tutte le trasposizioni letterarie e cinematografiche, riesci ad apprezzare al meglio l’originale. E Long John Silver è uno dei personaggi meglio riusciti della letteratura, non a caso ha appassionato tante persone. Se leggerai il libro di Larsson (non è quello della trilogia Millenium) ti si aprirà il mondo al contrario, quello dove i pirati sono i buoni!

      • Pirati digitali?? 😀

      • Se fossero vissuti ora, forse 🙂 Era un mondo democratico e libero da pregiudizi.

      • Credo anche un po’ anarchico 🙂

  3. Non mi sono mai piaciute le storie di pirati e isole del tesoro perché sono una femmina femmina, non femmina maschio. Però adoro ogni tua recensione: sei uno dei pochi che apprezzo veramente.

    • Come maschio maschio a cui piacciono anche le storie coi dinosauri, gli eroi colla spada il sangue e i mostri ti dico: ogni tanto non è male quanto pensi che sia, provare qualcosa di nuovo. O di opposto ai propri gusti. E lo dico per esperienza. Molte volte mi trattengo dal leggere qualcosa che non sembra adeguato al mio genere. Ma ho letto la Austen e la Munroe e la N’Dyaie e la Woolf, e mi sono piaciute moltissimo. Allo stesso tempo circolano schifezze illeggibili con pirati e tesori che non meritano di essere ricordate. Non vuole essere un rimprovero anche perché non ti conosco abbastanza e non mi sono montato ancora così tanto la testa da imporre il mio gusto 🙂 È che magari ti perdi un pezzo di mondo che potrebbe piacerti. Anzi facciamo così, se vuoi adesso mi spieghi bene cosa piace a una femmina femmina come te ma soprattutto perché non ti piacciono le storie coi pirati e i tesori.

      E te lo chiedo perché sono curioso e non solo perché mi hai fatto un bellissimo complimento. (Grazie)

      • Lo so, hai ragione nel sostenere che mi potrebbe piacere generi che non frequento. I pirati, poveri, fanno del loro meglio a ravvivare una storia, ma io faccio fatica a seguire spade, colpi di pistola e ammutinamenti.
        Mi “spaventano” (azzardo con la terminologia) e mi annoiano storie d’avventura, thriller, mostri & co. Comunque, non leggo Harmony e letteratura rosa. E non mi piace la Austen.
        Escluso ciò sono femmina femmina.

        PS: Però da piccola guardavo con passione Holly e Benji, che non era solo il cartone di Renzi. É imparagonabile la questione, ma…

      • Si, ecco, io non volevo appiopparti l’etichetta di lettrice di chick-lit. E infatti neppure l’altra parte della barricata è così tristemente popolata. 😀 Ebbene, farò il possibile per rendere interessanti anche per te i libri di avventure di cui scriverò. Magari un giorno ne troverai uno che ti convincerà…pirati o meno c’è sempre un motivo per leggere un bel libro e ai piani alti le distinzioni di genere non sono mai così chiare. Per esempio ho letto una raccolta di racconti di Dickens sui fantasmi. Non apprezzo particolarmente la letteratura “gotica” ma di quei racconti salverei lo stesso qualcosa e questo dipende tutto dall’abilità dello scrittore. Ma forse sono io a cercare di salvare tutti. 😉

        P.S. Holly e Benji lo guardavo, senza troppa passione ma odiavo le Sailor Moon. Ognuno è fatto a suo modo blablabla mondo vario blablabla. 🙂

      • Mi piace Hoffmann! 😉

      • Bene! Allora un po’ il mistero ti stuzzica! 😉

  4. Libro letto e riletto da ragazzina. Avevo la mia collezione di classici e c’erano tutti i libri per bambini e per bambine. Troppo curiosa per fermarmi a un genere. La canzoncina dei pirati è un richiamo irresistibile di avventura e pericolo. Come si fa a non salpare?!

  5. Finalmente leggo la TUA recensione a questo capolavoro. Che dire? Non deludi mai le aspettative, soprattutto nel centrare il cuore pulsante della questione: perchè “L’isola del tesoro” è diventato un classico di avventura per bambini? Proprio come hai detto, Stevenson insegna a emozionarsi e non a distinguere e giudicare i comportamenti umani attraverso una griglia morale. Se fosse così…ci ricorderemmo solo di un anonimo libello con un isola, dei pirati e..sì, c’erano anche delle navi.
    Per fortuna Robert Louis ricorda meglio di tutti cosa vuol dire ESSERE bambini, maschi o femmine non fa differenza.
    E adesso che tutto è compiuto…ridammi il mio libro 😛

    • Ma grazie! Appena ti vedo te lo restituisco! 😀 Comunque la traduzione di Mr.M. mi è sembrata molto buona. Inoltre ho delle storie nuove su di lui da raccontati…minacce e vanterie. 🙂

  6. Pensa che io non l’ho mai letto… ma prima o poi, recupererò… 🙂

  7. Come ho scritto sotto un altra recensione a questo libro, non l’ho mai letto! Mi ero ripromesso di farlo ma non ho mantenuto la parola data… Però io e i miei fratelli conosciamo a memoria diverse versioni cinematografiche e una delle mie preferite rimane sempre quella coi Muppets, di cui conosco ogni battuta ormai!! Ahahah mi diverte un sacco! Guardatelo!!!!

  8. Sono femmina femmina ma ho sempre amato alcune storie di pirati. Ma poi d’accordo per Salgari (di cui credo di aver letto quasi tutto) ma L’Isola del Tesoro non è solo un libro di pirati, sarebbe come dire che Il Richiamo della Foresta è un libro che parla di cani… vero ma riduttivo 🙂
    E mi accodo a Polimena: l’hai poi letto il libro di Larsson? Una meraviglia. Sono tornata ai momenti felici di un’adolescenza per il resto non troppo felice, ma riscattata appieno dalle notti trascorse con la pila sotto le lenzuola a leggere un libro da cui non riuscivo a staccarmi. Affascinata, avvinta, irrimediabilmente catturata.

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