Punti di vista.

Il ragazzo siede sul divano, il portatile in grembo. Una tazza di latte caldo e miele che ha appena preparato è appoggiata sul pavimento di piastrelle bianche. Dopo una doccia calda e il latte, il ragazzo crede che riuscirà a terminare ciò che aveva iniziato. La sinusite, la stanchezza e la televisione accesa non sono di aiuto. Non è sicuro che quello che stia scrivendo sia la cosa giusta, o se farà solamente un grosso pasticcio. L’alternativa però è il foglio bianco.

Il padre entra dopo una lunga giornata di lavoro e ciò che vede non lascia dubbi: il ragazzo ozia di fronte alla televisione. Un bicchiere sporco, come al solito, vicino al divano. Neanche lui si sarà lavato, da chissà quanti giorni. Parole formali di saluto e poi in cucina, il ragazzo ha bisogno di una bella bistecca. E acqua, bisogna bere tanto dopo la donazione di sangue.

 È difficile, quando un certo paesaggio letterario è stato occupato da tantissimi altri autori, costruire qualche cosa di pregevole e allo stesso tempo originale. I topoi si creano dalle stratificazioni successive di immagini simili e ogni volta che si presenta un nuovo emulo è impossibile non pensare a tutti quelli che lo hanno preceduto. Duelli polverosi tra pistoleri, lunghi viaggi su lunghe strade tutte dritte nel deserto, luridi appartamenti parigini, coppie di amanti divise dalle famiglie nemiche, castelli tenebrosi sulle rive di qualche loch, misteriose distese polari. Ed è così anche per la comune villa vittoriana nella campagna inglese, dei suoi abitanti e delle loro ipocrisie. Leggendo Espiazione (traduzione Susanna Basso, Einaudi, pp. 381, euro 13,00) è impossibile non pensare a tutti quelli che hanno preceduto Ian McEwan su questa strada: la famigerata Virginia Woolf o la meno nota Rebecca West de Il ritorno del soldato, fino alle semplici avventure criminose di Agatha Christie. Tutti accomunati dalla descrizione impietosa ma sensibile dell’apogeo della società aristocratica inglese, un momento prima della rovina. Cosa deve fare un autore per distinguersi? C’è chi è maestro di stile, chi è originale e chi sa tessere trame perfette: McEwan è un regista sublime. È possibile che la stessa storia, nelle mani di un altro scrittore non avrebbe potuto essere resa così bene.

Cecilia e Robert, figlia dei padroni e figlio della domestica. Un classico. A dividerli l’ancor più classica incapacità di comunicare, trasmessa geneticamente di madre in figlia da una classe sociale che ha fatto dell’isolamento la sua ragione di sopravvivenza. Chiusi nel loro mondo fatto di cose semplici e di mancanza assoluta di preoccupazioni materiali. Sarebbe sufficiente tormentarsi tra mezze frasi fraintese e messaggi perduti nelle cene di calde sere d’estate, come nella Austen migliore. Ma non sapete, o almeno io non lo sapevo quando ho cominciato a leggerlo, con chi avete a che fare.

C’è chi dice che McEwan sia cattivo. E cattivo nel modo in cui può esserlo uno scrittore. Basterebbe, sarebbe anzi normale, qualche ostacolo sulla via dell’amore. È noto che a nessuno interessa quello che succede dopo il “e vissero tutti felici e contenti”, sono le difficoltà a farci restare col naso tra le pagine. Tra i due amanti Briony, sorella tredicenne di Cecilia con una fervida immaginazione e un carattere capriccioso, frustrata dall’adolescenza incombente e da una volontà prepotente. Ma non basta. L’accusa che la ragazzina lancia è la più terribile, perché è rivolta verso un innocente e perché è fatta con la sicurezza di chi di dubbi ne ha tanti. Poco importa se trova terreno fertile in una società ricolma di ipocrisia e superficialità. La rovina sarà totale, fino alle fondamenta. E la colpa solo sua. La seconda guerra mondiale non cambierà le carte in tavola e non spazzerà via nessuna ipocrisia, ma porterà solo altro dolore dolore dolore.

L’autore prende la storia, anche semplice, e la scompone, la mescola, la diluisce. Riprende lo stesso fatto, un vaso rotto una macchina due persone che parlano, da tutte le angolazioni possibili, solo per farci capire che alla fine lo sguardo vero è solo uno. Ian McEwan è veramente cattivo ma non per come tratta i personaggi, per le cose brutte e schifose che fa succedere nei suoi libri. Ma per la mancata catarsi. Il sommovimento delle interiora, costato così tanto, in tecnica e abilità narrativa, viene frustrato da quello che può sembrare un banale gioco metanarrativo, attori su di un palco, ma che in realtà è il vero scopo dell’autore: mostrare che la verità non è negli occhi di chi guarda.

19 commenti

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19 risposte a “Punti di vista.

  1. Finora ho letto solo Miele e Cortesie per gli ospiti, Espiazione mi manca. Continuo a sostenere che McEwan sia bravissimo ma crudele con il lettore: in Miele lo prende in giro fin dalla prima pagina, in Cortesie lo ferisce a morte senza motivo. Il tutto senza alcuna possibilità di difesa. Ammetto che questo comportamento mi irrita 🙂 soprattutto perchè, come dici tu, è un regista abilissimo. Ha proprio bisogno di questi trucchi per dimostrare la sua bravura?

    • Non so…credo sia la sua marca di stile, oltre alla ripresa cinematografica dei punti di vista. Rimarrebbe poco forse, o non si distinguerebbe abbastanza dai suoi predecessori. Alla fine, per quanto bella ed emozionante e scritta bene e ben sistemata, Espiazione è pur sempre una banale storia d’amore. E’ una lettura per lettori esperti, che abbiano già letto molti libri. E’ se vuoi un atteggiamento maturo nei confronti della letteratura, o diverso. McEwan ti presenta una storia bellissima, letterariamente ineccepibile, e poi ti svela i meccanismi “morali” con cui si fanno le storie. In Miele ti sei accorta fin da subito che ti stava prendendo in giro? (non è una domanda retorica, è curiosità, per cercare di capire con chi abbiamo a che fare).

      • In Miele mi è sembrato dall’inizio che ci fosse una nota stonata che non mi permetteva di appassionarmi alla storia. L’ultima ventina di pagine hanno dato un senso a tutto con un colpo da maestro ma forse non ce ne avrei messe così tante prima 🙂 Dovresti trovare la mia “recensione” da qualche parte 🙂 PS l’app di wordpress non mi permette più di rispondere ai commenti via cellulare, che disgrazia!

      • Lo leggerò. Però il colpo da maestro lo puoi fare solo su una base di normalità…sennò non si vede! Adesso cerco la tua recensione, senza virgolette. 🙂

        PS Com’è possibile? Scandaloso! Magari è solo temporaneo…o magari devi fare un Up-grade, come diciamo noi tecnicisti.

      • Con l’ultimo upgrade hanno ripristinato le notifiche per i commenti (che erano sparite) ma tolto la possibilità di leggerli e rispondere. Mi sa che dovrò aspettare il prossimo aggiornamento. La mia è la versione android, magari per ios non ci sono problemi.

      • Sono anche io un androide, ma il mio va a caso, quindi magari non me l’ha tolto….:D

  2. McEwan è bravissimo. Eppure non riesco mai ad andare oltre un certo livello di affezione, con lui. Dà mai speranza, Ian? Non mi viene in mente nessun respiro di sollievo, mai, per le diverse centinaia di pagine che ho letto, sue (Espiazione, Cani neri, L’amore fatale, Chesil Beach e Bambini nel tempo, mi pare sia tutto). Forse è un po’ troppo. E allora non mi fa più tanta voglia di leggerlo, anche se ora sono curiosa di sapere come ci prende in giro in Miele.

    • Non è esattamente uno scrittore che ti conquista con lo zucchero. Però anche io leggerò altri suoi libri dopo questo, con o senza affezione è un autore capace di muovere l’animo del lettore. Ne hai letti fin troppo per dire che ti è passata la voglia di leggerlo no? Se era tanto male ti sarebbe passata prima 😛 dobbiamo tenercelo così, che cosa ci vuoi fare..? 🙂

      • 😀 E’ vero, però considera che l’ultimo l’ho letto nel 2011, quindi è un bel po’ che proprio non sento il bisogno di riprenderlo. Ho già Cortesie per gli ospiti, che era il prossimo che mi ripromettevo di leggere, ma aspetterà un altro po’. Ci mancherebbe, nonostante le riserve Ian è davvero troppo bravo per essere abbandonato del tutto!

  3. Giù il cappello (vinto al Bennet con quattro milioni di bollini nella raccolta punti del 2012) per questa recensione. Complimenti con inchino.

  4. Complimenti per la recensione, come sempre esposta in modo suggestivo e originale. Non credo che McEwan abbia bisogno di trucchi per dimostrare la sua bravura, ma penso che sia proprio la bravura, già innata e radicata nella sua coscienza, a fargli scovare gli espedienti più seducenti ed elaborati per esporre una storia, complessa o semplice che sia. Ma il mio parere è di parte, perché amo da sempre questo scrittore, comprese le sue cattiverie. 😉

  5. Ho letto questo libro quando avevo 23 anni e per inesperienza non mi sono accorta della sua cattiveria. Ricordo che il libro mi era piaciuto molto, come il film. Ho apprezzato come una tragedia nata in un microcosmo sia stata trasportata fuori dalle mure domestiche in una dimensione quasi collettiva, provando ulteriore dolore.

    • Sono molto curioso di vedere l’adattamento cinematografico.
      Credo che la “cattiveria” di McEwan si proprio quello che ce lo fa apprezzare. Una gran parte della bellezza di questo libro sta nel gioco di ruoli e di punti di vista tra noi lettori, la storia sarebbe veramente collettiva se non fosse per il gioco narrativo, che toglie la funzione di creatore di mondo immaginativo al lettore per ridarla a Briony. È quella la vera cattiveria 🙂

  6. Ti consiglio di vedere il film, con una bellissima Keira Knightley nei panni di Cecilia, anche perché ha delle scenografie indimenticabili… ma il libro, come ricchezza di trama e coinvolgimento emotivo, è mille volte superiore.

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