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Difendere la Terra di Mezzo.

coverQualche settimana fa è stata pubblicata da Robert McCrum sul Guardian la lista dei 100 romanzi più importanti della letteratura in lingua inglese. L’obiettivo di queste liste ovviamente non è giungere ad una conclusione definitiva sul Canone Universale, cosa francamente impossibile e probabilmente inutile (anche se sensualmente allettante) ma discutere su chi c’è e chi non c’è. Come alle serate eleganti a casa delle gran dame. Con lo stesso atteggiamento frivolo mi sono giustamente accostato all’elenco. Mi interessava scoprire qualche nuovo nome, ma soprattutto depennare con sommo piacere chi aveva già fatto una sosta sul mio comodino. Con denso godimento spuntavo uno alla volta un po’ di classici: Melville, Defoe, Golding, Fitzgerald, mentre con altrettanto piacere contemplavo la pila di carta che ancora mi attendeva, pregustando un dolce naufragare libresco…fino a che la lista finì. E un nome mancava. Ora, come ho detto sopra, è parte del gioco e del divertimento, oltre che impossibile, fare posto a tutti: niente Christie, Auster o Vonnegut e moltissimi altri. Al povero McCrum non scriveremo nessuna lettera infuocata lamentandoci che nella storia della letteratura anglofona non ci sono abbastanza capolavori scritti da donne o da minoranze etniche. Anche perché a queste idiozie ha già risposto lui QUI. Ma dall’alto scranno della monarchia teocratica che regna su Muninn, muoveremo un accusa sola, che probabilmente si perderà in un flusso di uno e di zeri.

Il fantastico, perfino le sue vette di più sublime letteratura, resta ancora fuori dal canone. Con tatto, McCrum riesce a cavarsela sempre: Orwell e Huxley scrivono dystopian novel, Gulliver è un satirical masterpiece, Gordon Pym diventa un arzigogolato classic adventure story with supernatural elements, Alice è una nonsense tale. Definizioni valide, ma che escludono a priori qualsiasi possibilità che un libro di lettura fantastica, fantasy, di fantasia, entri nel Valhalla dei libri. Non lo scrive, da nessuna parte. In quattrocento anni di storia la letteratura inglese non ha prodotto UN SOLO LIBRO FANTASY. Per dire il potere delle parole. E ovviamente a soffrire maggiormente questo ostracismo sempre più incomprensibile è J.R.R. Tolkien. Per lui non c’erano parafrasi adeguate a nascondere elfi e nani.

Trascurare la fantasia però, ha delle conseguenze nefaste: ad appropriarsi delle possibilità (infinite come la fantasia) del genere saranno altri, non per forza dotati di sensibilità estetica, o peggio, dotati di un lungimirante portafoglio, con cui investire su: gadget, spade laser di plastica componibili, figurine di plastica colorata fatte in Cina con prodotti tossici, portachiavi, film, libro del film, fumetto del film, spada del Re, fermaglio a forma di foglia di edera, videogioco, Tim Burton, la moglie di Tim Burton, Jonny Depp, maschera, panettone, prequel del sequel, pupazzo, pupazzo a dimensione naturale, libro rilegato in finta pelle di coccodrillo, drago di plastica, drago di resina con incorporato orologio, elfo con le alucce colorate. O i fascisti. E la loro autorità permetterà di rovinare il significato dei libri, come hanno fatto con Lo Hobbit, permetterà di non fare traduzioni adeguate, ma di vendere il libro tratto dal film tratto dal libro. Tutto quello che c’era da dire lo avranno detto loro. La critica letteraria serve a qualcosa, forse.

Per fortuna quindi che c’è il WuMing4, il mio preferito tra tutti i membri del WuMing, collettivo di scrittori anarchici nonché bolognesi, a tirarci fuori d’impaccio. In un paese dove i professori danno da leggere spettacoli teatrali di Sartre o biografie di Dante a ragazzini in subbuglio ormonale, c’è qualcuno che pensa a quello che fa. Difendere la Terra di Mezzo è una raccolta di saggi e articoli, alcuni inediti, che affrontano a trecentosessantagradi la materia tolkeniana. La sua fortuna in Italia e all’estero, le sue fonti, la storia delle pubblicazioni, critiche e apprezzamenti, fonti e genesi delle opere, analisi dei personaggi e del pensiero che sta alle spalle dei racconti di Tolkien. È un libro da battaglia, militante, nel migliore dei modi possibili, con la ragione e la documentazione, scritto in modo comprensibile ma approfondito, scritto con la passione per i libri che si amano. Anche nel saggio in cui affronta le interpretazioni simboliste dell’estrema destra italiana sull’opera tolkeniana, si percepisce l’insofferenza di un intellettuale, non di un ideologo, che affronta travisamenti e storpiature con la fermezza di un’argomentazione razionale. È il libro giusto da cui iniziare se volete approfondire, ricco di riferimenti alle opere minori di Tolkien, ai suoi lavori teorici sulla fiaba e la mitopoiesi, il processo di creazione di un mondo immaginario che riguarda tanto scrittore quanto lettore e che non è poi così lontano dalle più consapevoli teorie postmoderne.
L’obiettivo di WuMing4 è quello di strappare la Terra di Mezzo dalle mani dei suoi nemici, che sono innanzitutto l’oblio e la semplificazione, la trascuratezza delle analisi e i travisamenti ideologici. La raccolta rivela lati misconosciuti della personalità e dell’opera di Tolkien, o della sua immagine come ci è sempre stata presentata: un pacioso professore cattolico di Oxford con sciarpa e pipa che di fronte al fuoco ben acceso racconta storielle ai nipotini, ma che per spiegare il significato del suo romanzo cita un brano sulla morte di Simone de Beauvoir, una scrittrice e pensatrice atea. Uno scrittore che amava così tanto il linguaggio e il potere creatore del Verbo da dare un mondo alle sue parole inventate. Un mondo senza dei, dove risorse e giustificazioni devono essere trovate solo dentro di sé. Un mondo dove è facile vivere e ambientare infinite storie, ma che trova nel mondo vero, nel nostro mondo,  ragioni e conseguenze.
Come tutti i libri migliori, questa raccolta di saggi vi spingerà a documentarvi, leggere altri libri, guardare altri documentari, farvi domande e conoscere nuovi autori che non avreste mai pensato di incontrare. La Terra di Mezzo è tanto vasta, e gli spazi lasciati vuoti sulla mappa sono ancora molti. Prima che vengano lottizzati e venduti al miglior offerente, imbracciate un libro e lottate.

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Il sangue, la sabbia e il peso della verità.


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omeriggio. Una spiaggia di un tranquillo villaggio vacanze egiziano. Nonostante il deserto, è inverno anche qui, e la temperatura si abbassa già nel pomeriggio. I più coraggiosi, che non vogliono tornare subito in camera, devono rimanere immobili rivolti al sole. Come lucertole distendono tutta la superficie del corpo per raccogliere gli ultimi raggi.

La dissenteria mi tormentava fin dal mio arrivo all’aeroporto, e passavo le mie giornate bevendo tè. Fortunatamente il villaggio disponeva di una immensa fornitura di bustine e acqua sempre bollente, a disposizione in una specie di samovar-bidone. Avevo appena finito di bere l’ennesima tazza quando una simpatica e decisamente bella animatrice me ne portò un’altra. Bisognava accettare per forza. Mentre sorseggiavo prudente il liquido caldo ed fin troppo dolce la ragazza notò il libro che stavo leggendo: “Che pesantezza!” disse. Non potei non essere d’accordo con lei.

Il sole aveva cominciato a scendere dietro alle montagne del Sinai. a circa quattrocento kilometri di distanza gli egiziani avevano da poco abbattuto il loro faraone e la Storia, come si dice, aveva cominciato a correre.

Ma quando aveva iniziato? Quando i tunisini avevano cominciato a darsi fuoco perché non trovavano lavoro? Oppure quando Israele aveva occupato definitivamente la “Palestina”? Magari quando le nazioni arabe avevano deciso che non doveva esistere uno stato ebraico, o addirittura quando un imbianchino di Monaco aveva deciso che non doveva esistere un popolo ebraico?

L’autore del libro che stavo leggendo cercava di capire proprio questo: non solo spiegare il Chi e il Dove, ma anche, e soprattutto il Perché la Storia ogni tanto, non può fare a meno di correre. Invece che andare alla consueta velocità di crociera.

Ripercorrendo la sua straordinaria esperienza giornalistica e i suoi taccuini d’appunti, Robert Fisk in “Cronache Mediorientali” (il Saggiatore, pp.1096, euro 17) cerca di dare un Perché al Medio Oriente. Lo fa attraverso le storie, i tanti piccoli e grandi incontri di trent’ anni di attività giornalistica. Raccontando le vittime, non importa chi siano.

I curdi carnefici dell’olocausto armeno assieme ai turchi, diventano profughi, durante la prima guerra del golfo.

Gli algerini del Fln che hanno combattuto i francesi in una delle prime e più sanguinose guerre di decolonizzazione, diventano i mandanti di massacri durante la guerra civile.

Il partito Baath, “resurrezione” dà origine alle più cruente dittature del mondo arabo.

Gli iracheni invasori dell’Iran, una delle guerre più costose (da ogni punto di vista) del secolo, sono gli stessi che vengono massacrati dalle bombe a grappolo americane mentre si ritirano dal Kuwait.

Gli israeliani che sparano sui bambini palestinesi muoiono dilaniati dalle esplosioni di fronte alle pizzerie.

Stermini, gas tossici, bambini mutilati, sangue, amputazioni, shock da bomba, criminali di guerra, saccheggi, assassini, torture, dittature, rivoluzioni, pulizie etniche, persecuzione religiosa, odi tribali, bombardamenti, corpi carbonizzati, attentati, ragazzini martire, impiccagioni sommarie, stupri, genocidi. In alcune pagine è difficile trattenere un conato di vomito. La pagina scritta possiede la capacità di evocare la realtà delle cose, di spaventare per quanto sembra irreale.

Ogni tanto bisogna fermarsi, scossi dai brividi, come Kurtz nella giungla nera. “L’orrore!”.

Fisk racconta tutto questo. Con gli occhi di chi ha visto, di chi ha perso il 25 % del suo udito vicino ai cannoni della contraerea, di chi è stato preso a sassate dalla folla afgana inferocita. Ricostruisce con lucidità ogni avvenimento dell’ultimo secolo, con la consapevolezza di chi non solo sa, ma ha vissuto in mezzo alla Storia in fieri. Preciso, puntuale, non risparmia dati e nomi, i nomi di tutte le vittime incontrate o meno, che si appunta sul taccuino, perché non siano dimenticate.

Arriva fino al punto di trovare un perché. La convenzione Balfour, ultimo sbuffo colonialista nel ventesimo secolo, che ha diviso arbitrariamente l’ex territorio ottomano, ha tracciato confini dove non esistevano, ha tradito le promesse fatte a qualsiasi popolazione della regione. Da questo peccato originale derivano tutte le sventure. Mentre me ne stavo sdraiato al sole, in ottima compagnia, la Storia toccava anche noi, su quella punta di continente, così vicino ai luoghi del libro. E il pensiero, veloce. La pesantezza di questo libro non è data dal numero delle sue pagine, ma da quello che vi è contenuto.

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