Leggere per leggere.

È la prima volta per me nella piazza dentro e sotto al grattacielo. Dopo il lungo tragitto sotterraneo nella metropolitana, il nuovo profilo milanese si staglia immenso subito fuori dalla stazione di Garibaldi. Salendo lo scalone, tra persone affaccendate o immerse in qualche oscura attività privata, si consolida la convinzione che sia tutto molto bello. Nonostante tutte le possibili critiche, corruzioni, preferenze personali per gli alberi invece che per vetro cemento e acciaio, là sotto è tutto molto bello, nuovo, pulito, anche i gruppi di latinos che si ritrovano sotto le arcate di metallo sono puliti, nuovi e semplicemente belli. Ci sono persone che leggono, il palco viene allestito nella parte di piazza che emerge dalle acque. L’impressione del luogo lascia lentamente il posto al freddo che lievemente aumenta portato dal vento continuo e non mi lascerà mai più nel corso della serata. Non è più Milano ma una città del nord, nuova e scintillante quella in cui mi aggiro, curioso tra i capannelli di bambini che partecipano a laboratori, ascoltano e creano storie, uomini della sicurezza in nero e semplici passanti. Cose aldilà del limitare della piazza che sfuggono allo sguardo della memoria. Uomini leggono. Topi pure.

geronimo

Un noto scrittore di libri per l’infanzia presente all’evento. L’unica foto, non mia. Quelle del mio cellulare fanno schifo.

Mi trovano infine le persone con cui passerò il resto della serata e avanti e indietro tra la piazza il palco e il RED Feltrinelli stringiamo mani, facciamo domande, ci danno spiegazioni. Vagabondiamo ancora un poco tra il dentro e il fuori, conosciamo uno dei tecnici che ci fornisce le ciabatte, mangiamo, conosciamo il presentatore della serata. Mentre si parla e ci si prepara giro tra gli scaffali e guardo i libri, è per quello che siamo qui, no? Brindo ad Hemingway, io stringo una birra, lui un pescespada. Per terra un bambino si rotola con un libro sui treni, ci tiene a farmi sapere che è bello. Annientamento mi attira sul banco delle novità, da settimane si vocia del libro e una copertina così bella mi convince della ineluttabile necessità di acquistarlo. Libri sull’ISIS. Molti libri di cucina, pile che si spostano per far spazio ai tavoli per l’aperitivo. C’è tanta gente. Fuori, gli insegnanti precari vestiti a lutto onorano con lumini rossi la morte della scuola pubblica.

Si comincia e ci hanno già rubato le sedie, sedie di cartone, gentilmente le chiediamo indietro. Colleghiamo tutte le nostre sofisticate apparecchiature alle ciabatte e si comincia. Lo spettacolo, l’evento, non si può dire non riesca. Nel nostro piccolo angolo milanese, ancora più piccolo sotto le guglie di vetro, ci sono bravi interpreti, ognuno fa la sua parte: chi legge chi suona chi presenta chi recita. Ogni tanto l’evento madre fa interferenza con noi, che siamo pochi, ma dopo l’interruzione se ne va, lasciandoci alla tranquilla intimità della nostra famiglia improvvisata, scossa dal vento. Passano dei libri, incipit del Deserto dei Tartari e un folgorante brano de Lo Straniero. Degli ospiti citano le loro avventure coi libri, di Nicolai Lilin ricordo che ci vuole a tutti molto bene. Arrivo al punto che spero tutto finisca molto presto quando comincio a tremare. Sono l’incarnazione dell’impreparazione climatica.

Non come i miei compagni di viaggio, esperti e convinti. Li saluto, sono tutte brave persone e ognuno ha qualcosa di interessante da dire e magari diverso da quello che dico io: lei, lei, lui e lei. Che sono Giorgia, Patrizia, Luca ed Emanuela ma non ditelo che sono in incognito.

E poi tutti fuggono, che è tardi, che fa freddo. Parlo con un ragazzo liceale che è stato in prima fila tutto il tempo, mi piacerebbe ritrovarlo e ritrovare gli studenti di Scienze Politiche che mi hanno dato del vino. Ma bisogna andare che che c’è la metro da prendere. No, prima un tè caldo, salvifico. Il lento ritorno a casa, parlando dei misteri della dirigenza universitaria con una tipa tostissima e ovviamente di libri, perché Savinio sai, è molto meglio quello dei racconti, è un genio. Comincia poi da qui la lenta riflessione sui fatti da poco avvenuti, sulla serata e tutto il resto. Prima che il sonno si appropri di me c’è ancora spazio, poco, per cominciare 1Q84 che è così bello che leggo tutto il primo capitolo.

Il giorno dopo. Penso alle persone che ho incontrato e al loro lavoro, da cui ho di sicuro imparato qualcosa, nel bene e nel male. E guardo distratto il disastro dell’evento. Il 2,73% di share non è certo un buon risultato. Il giorno dopo sono quasi tutti d’accordo nel dichiarare fallimento. Tranne organizzatori e messaggeri. Chi ha partecipato e si è impegnato a distribuire libri che altri avevano scelto per lui raccoglie e cerca di mostrare i risultati del suo impegno, mentre i topi abbandonano la nave. Allora faccio l’unica cosa che sono capace di fare: leggo.

Leggo l’articolo di Aldo Grasso. Mi immagino il ghigno sdegnoso di chi dice quelle parole al telefono.

Leggo, in tre giorni, con una lunga pausa grigliata, il meraviglioso, bellissimo, e interminabile articolo di Nicola Lagioia su Internazionale. Che poi non fornisca soluzioni realistiche alternative è un altro discorso, andate a leggere i nostri commenti più sotto e ve ne farete un’idea.

Leggo Andrea Vianello, direttore di Rai 3, che difende le sue scelte.

Leggo 1Q84 alla sera prima di andare a letto.

Sabato sera, in un pub, parlo di libri con i miei amici che mi chiedono com’è andata e cos’ho fatto io. Non so rispondere a nessuna delle due domande e quindi rispondo che ho conosciuto tanta gente interessante, ho scritto dei tuit. Scopro però che un mio amico ha appena cominciato a leggere una delle mie serie di libri preferite: le avventure di mare del capitano Jack Aubrey. Suo papà li ha tutti. E che invece un altro è stato sul punto di comprare Annientamento su Amazon, lo stesso libro a cui ero arrivato io, per vie completamente diverse. Nessuno ha guardato il programma giovedì.

Perché?

Mario Soldati intervista i venditori ambulanti di libri di Pontremoli, grida e si dimena contro “la mala cultura del prestito” che danneggia i poveri venditori i quali – dicono loro – sanno riconoscere un buon libro senza leggerlo. Fa finta di vendere libri ad Arenzano, a una signora che ne chiede per suo figlio in prima elementare lui dà Dante e Petrarca. Per fortuna alla fine ci lascia tutti con un pensiero realistico: l’unico modo per indurre il popolo alla lettura è sollevarlo dalla fatica del lavoro.

Tante persone che conosco, che leggono e che comprano i libri, che scrivono blog e recensioni non sono neanche stati sfiorati dall’idea di partecipare. Nonostante l’impegno e il coinvolgimento di biblioteche, librerie, lettori, sembra che gli effetti del mega evento siano ridotti. Quanto si sta parlando dei libri regalati? Quanto aumenteranno le vendite dei libri? Leggeranno Gadda o la Mazzantini? I libri sono stati veramente il centro dell’evento? E’ possibile un evento fatto da lettori accaniti? Tutti insieme, seduti, sdraiati nella piazza a leggere ognuno un libro diverso, in silenzio.

Annientamento, magari grazie ad un algoritmo di Amazon che propone letture simili ai precedenti acquisti, è arrivato al mio amico. In biblioteca ogni tanto arrivano persone che non sanno neppure che i libri si possono prendere in prestito gratis. In biblioteca si possono prendere in prestito gli e-book. Ma ci sono zone d’Italia dove librerie e biblioteche proprio non ci sono o sono vuote. Dove esiste l’analfabetismo di ritorno. Insomma, io sono tornato a casa dall’evento di piazza Gae Aulenti contento, non ha fatto schifo come molti hanno detto. Eravamo un po’ più belli dell’evento principale, forse. Ma mi resta il dubbio forte che si possa fare in modo diverso, prima l’impegno profondo e in tutti i campi della formazione e del consumo culturale, gli hashtag poi seguiranno, non il contrario. Altrimenti avremo ancora Soldati che gira per l’Italia ma twittando #Libri #Dante #Commedia #Inferno e una distesa di bambini delle elementari che dopo averlo guardato, se ne tornano a giocare a Minecraft sui loro smartphone. E’ stato un esperimento, un tentativo, un’esplorazione. Bravi a chi si è impegnato e bene per le idee giuste, ma c’è ancora tanto da fare.

Lettore o non-lettore, sei curioso di scoprire che opere sono Il Deserto dei tartari, Lo Straniero, 1Q84, Annientamento e chi sono Dante, Hemingway e O’Brian? Prova a leggere.

49 commenti

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49 risposte a “Leggere per leggere.

  1. 1Q84 no, dai.
    Meglio il topo Geronimo.
    Bell’articolo, notevole l’affermazione della mancanza di tempo… E sono sicura che già solo per il vostro coinvolgimento si possa parlare di successo.

    • Oh, a me piace un botto, ho appena iniziato e il pezzo dell’editore è già tra i miei preferiti! (grazie, intanto) Adesso, tra noi, secondo te il coinvolgimento di Muninn è un successo? Sono un così esimio rappresentante della blogosfera italiana? Eh! 😉

  2. Silvia Schwa

    Di sicuro vi siete goduti di più l’evento voi che eravate “là” che non noi, a casa, a guardare come non dovrebbe essere un programma sulla lettura.
    Bell’intervento comunque.

  3. Posso dire che c’ero anche io… Alla lunga pausa grigliata!!! Il prossimo evento sarà una “grigliata letteraria” =D
    Secondo me occorrerebbe aprire una riflessione sul fatto che i grandi eventi non sono sempre fruttuosi in ordine al rilancio di una qualsiasi cosa… specie la lettura, per la quale occorre un po’ di passione e un po’ di voglia di dedicarcisi. A volte occorre partire per l’avventura e prendersi anche una dose di rischio, come alcune volte ci hai mostrato in queste pagine virtuali. Sì, direi che quello che ci vuole è un po’ di testimonianza e in questo il tuo blog aiuta! A me un pochino aiuta! Testimonianza che ne vale la pena (a volte letterale) di cimentarsi nel leggere e investirci delle energie. Forse mettere i grandi autori o i grandi nomi in vetrina o su un palco non basta, forse serve proprio il coinvolgimento di chi con la lettura ci passa dei bei momenti nella quotidianità e nella normalità. Mi piace spesso citare una frase in questi casi: “il mondo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri”. Credo sia profondamente vera… Da ultimo, e la smetto, mi sento di ringraziarti, hai sacrificato un po’ di tempo per provare una cosa nuova e per raccontarcela, come fai sempre nelle recensioni, a noi la scelta di provare a nostra volta o meno 😉

  4. Forse ti stupirà, ma di questo post, da organizzatore, condivido moltissimo. Forse la cosa che condivido meno è l’elogio così senza riserve dell’articolo di Lagioia, che viceversa secondo me non centra il punto (come spesso lui, secondo me, del resto) perché si pone in una ottica che è quella intellettualistica che tanto gli riesce bene. La parte che condivido meno (o sulla quale mi piacerebbe dibattere di più insieme, magari de visu) pertiene al fatto che #ioleggoperché nasce, si è posta, ed è, come iniziativa aziendale. Era chiaro da subito, e così si è sviluppata. Giudicarla al di fuori di questo parametro secondo me falsa il giudizio, al di là di quello che si possa pensare sulle iniziative aziendali (ma anche qui bisognerebbe anche pensare al vuoto di lettura che c’è in Italia, dove qualunque cosa faccia parlare di libri è benvenuta).
    La verità è che dove la gente si è impegnata e ci ha creduto, e non si parla di testimonial, ma di messaggeri comuni, la cosa ha funzionato. Altrove, meno. Il silenzio assordante è invece della scuola, che poteva essere mediatore tra il mondo intellettuale e quello pop (e “pop” era la marca di questa iniziativa, a mio avviso).
    Grazie in ogni caso, sia per avere partecipato, sia per avere fatto un post così circostanziato, sia per una serie di altre osservazioni che consentono anche a chi non c’era di riflettere e capire meglio, che poi era lo scopo!

    • Eccoti! 🙂 Sono molto d’accordo con quello che dici su Lagioia, che io ho appena scoperto ma che si, è su un altro livello rispetto allo stesso paese reale di cui parla lui. Scusa se mi sono lasciato andare nell’elogio, che è tutto meno che incondizionato, ma l’articolo è molto molto bello. Non sono d’accordo invece sul fatto che perché sia un evento “aziendale” o “pop” allora possa essere giudicato diversamente. Anche perché alcuni limiti dell’operazione arrivano proprio (per me) dal punto di vista del marketing e dell’organizzazione aziendale, da parte di società che dovrebbero camparci. Come avrai notato la mia partecipazione è stata periferica e limitata e per questo posso parlare (per fortuna) solo di quello che è entrato nella mia sfera di esperienza. Mi mancano molti pezzi perché io possa dire cose definitive e granitiche. Sempre pronto a discuterne e a parlarne, proprio per capirci qualcosa di più. Come dici tu, il fatto che dove i messaggeri fossero persone comuni, “testimoni” come dice il mio amico Emanuele nell’altro commento e non testimonial, l’evento ha funzionato, è una cosa bellissima e da ammirare, ma a cui mancava probabilmente il sostegno di chi in questa cosa non ci ha creduto fin dall’inizio (l’editore con cui ha parlato Grasso, per esempio, o la scuola) e di un grosso pezzo di mondo culturale che non si è fatto coinvolgere adeguatamente.

      • La scuola è un mondo a parte, purtroppo. E ancora una volta questa sola affermazione da sola basterebbe a spiegare molti dati di non lettura. Non mi fiderei troppo delle parole di Grasso, invece, per quel che riguarda il grosso editore (Grasso voleva buttare merda più su Rai Tre che su tutta #ioleggo). Anche perché aziendalmente l’operazione viceversa ha funzionato, eccome. Perché (e qui sta una parte cospicua della disinformazione dell’articolo di Lagioia, articolo che eleva il dilettantisimo e réportage colto e che io viceversa trovo, come tutte le volte che vuole fare lo pseudosaggista, notevolmente disinformato e molto brutto) la maggior parte dei messaggeri erano appunto testimoni e i testimonial servivano solo a rassicurare i non lettori che chi si avvicinava non voleva soldi né venderti Torre di guardia o Lotta comunista. Un problema secondo me è stata la non consapevolzza di molti messaggeri, che tra essere lettore forte (e narciso) e lettore capace di entusiasmare alla lettura ne corre.
        Però secondo me giudicare un evento sulla base del mondo migliore che si sogna sulla lettura, un evento che non aspira a quello, non è necessariamente il miglior modo per capirlo. Una persona che conosci, il nostro contatto, oggi rifletteva con me (sul tuo post) dicendo appunto che condividevamo molto, però non bisogna dimenticare che questo non era un evento sulle buone letture, ma sul rendere popolare la lettura. E in questo senso non è che ha funzionato. Ha stra-funzionato. Perché per come siamo conciati in Italia, mi spiace per Lagioia, il problema delle librerie, di catena o indipendenti, è molto, molto successivo. Io insegno in una scuola tecnica. Più della metà delle scuole italiane è tecnica o professionale. In quelle scuole l’alternativa del tempo libero non è tra smartphone e lettura, ma tra polizia e carabinieri, altro che librerie indipendenti! Ai miei alunni, molto banalmente, io non posso dire se vuoi scoprire Hemingway leggilo. È velleitario e inutile. Devo partire da attività che sono molto simili, e molto pop, e molto testimonial, né più ne meno come #ioleggoperché. Per questo quando a gennaio abbiamo fatto le riunioni operative sapevo che avrebbe funzionato, e per questo ti dico che la scuola ha fallito, perché questo è un metodo che si usa a scuola per conquistare i non lettori, e funziona. Ma a scuola si ha troppa paura dei progetti che non sono solo scolastici, e poi gli insegnanti mediamente odiano leggere, dunque se ne sono disinteressati, oppure hanno fatto i fighetti stile Lagioia, ostentando disprezzo per i titoli (come se un buon insegnante non potesse creare un’ottima occasione didattica da un pessimo libro). Io coi miei Merry Men, invece, che non sono una classe di lettori, sono partita in seconda leggendo una minchiata, ma proprio minchiata come un raccontino stupidello di Benni (sopravvalutatissimo). Quest’anno, in quinta, hanno scelto liberamente Lussu e/o Tozzi, per esempio, sapendo che “è difficile ma alla fine sarà bello averlo letto”. Ma in mezzo… Beh, in mezzo c’è un percorso fatto anche di post-it. L’importante è come li fai, chi li fa, come li gestisci e che cosa ci costruisci sotto e sopra. I libri che io ho dato non finiranno ai remainders, perché io ho messaggiato la mia competenza prima ancora del libro, e creato angoli di bookcrossing che sono diventati permanenti nei bar. È un inizio. Niente meno, niente più. Di certo però non assiologicamente inferiore alle dotte riunioni di lettori colti che Lagioia contrappone nel suo réportage.

  5. Allora, mettiamo da parte il povero Lagioia che dalla sua torre d’avorio forse vuole dire cose molto simili alle nostre e la mia conclusione provocatoria e sbrigativa. Il fatto è che mi entusiasmo quando mi dicono cose che non so, anche adesso! Sono un vaso ma entra di tutto ;). Sistemo l’articolo, tanto mica sono una testata giornalistica così evitiamo equivoci (colpa mia) alla fine vogliamo dire le stesse cose. Quando ho sentito che l’unico complimento (da certi commentatori) che arrivava alla serata era “Quanto è bravo Favino che legge Gadda” mi sono chiesto se effettivamente qualcuno leggerà mai Gadda dopo, soprattutto se è uno che non ha mai toccato prima un libro. E così uno pseudosaggio viaggio tra le librerie indipendenti (che a me continua a piacere, molto). Un’altra cosa che ho pensato dopo aver deciso di non partecipare come messaggero, perché i libri non mi ispiravano, è stata: il mio libro della vita è Il Deserto dei Tartari, ma non lo consiglierei a nessuno che io non conosca, soprattutto a uno che non legge, me lo tirerebbe in testa. Certo, i libri non devono piacere a me, ma al non-lettore. Ma allo stesso tempo io non sarei mai in grado (e probabilmente è una mia mancanza, non so) di promuovere un libro che non mi piace. E quando mi spieghi il tuo percorso, che parte da Benni per arrivare a qualcosa di meglio (Come Dante ai bambini delle elementari, no?), che è lungo e faticoso, in cui i post-it sono veri e non un accumulo senza senso di hashtag, non posso non condividere e dire che sei tu quella sulla strada giusta, ma che c’eri già prima di #ioleggoperché. Ho già fatto i miei complimenti a te e agli altri messaggeri che si sono fatti il culo. Le dotte riunioni di lettori colti e di consumatori di sete pregiate dall’Oriente non avranno fornito partecipanti all’evento e al progetto per snobismo e difficoltà nell’adattarsi a una situazione diversa da quella a cui sono abituate, ma resta il fatto che la loro assenza è un problema, anche se la colpa è loro. Forse, quello che serviva per non spaventare i non-lettori ha spaventato altri lettori (mi metto dentro anche io). Bene, direi che ho abbastanza cose su cui riflettere. Ti ringrazio di avermi coinvolto nonostante la mia totale impreparazione e, sinceramente, lo rifarei ancora, magari con un giubbotto più pesante e partecipando da prima. Grazie, e a presto. 🙂

  6. lanoisette

    Allora, in ordine sparso:
    – ho smesso di leggere l’articolo di Lagioia quando ho capito che si sarebbe ridotto al solito “quanto sono bravo, quanto sono bello, ché giro l’Italia su e giù per librerie indipendenti fichissime”. Bene, caro Lagioia, io ho versato lacrime quando a Milano hanno chiuso l’Utopia in via Moscova e lo storico remainder di Renato in Galleria Vittorio Emanuele, ma renditi conto che se l’italiano medio entra da Feltrinelli Store o da Mondadori è già grasso che cola (e questo articolo fa il paio con quello di Claudio Giunta secondo il quale se non leggi Proust puoi anche non leggere http://www.leparoleelecose.it/?p=18037).
    – ho sentito pareri molto contrastanti sul programma di Rai3 (noioso, lungo, predicatorio). Probabilmente Piazza Gae Aulenti era una situazione molto diversa, che andava valorizzata di più.
    – nella piazza, tra la gente, io ho visto tanto entusiasmo, gente che si è spesa e che probabilmente porterà a casa dei risultati.
    – sul “vuoto” della scuola non posso che controfirmare col sangue quello che dice la ‘povna (e anche sul vuoto dell’Università ci sarebbe da fare un bel discorsetto)
    – di Savinio è noiosetto Ascolto il tuo cuore, città, ma molti racconti sono dei gioiellini e Maupassant e l’altro un piccolo capolavoro.

    • Ho appena finito di rispondere alla ‘povna, datemi tregua, io me la sono cercata, ma non merito di soffrire così. 😀

      Allora, questo povero ragazzo, che io non conoscevo assolutamente prima della lettura del suddetto articolo, non mi ha fatto una così cattiva impressione. Lungi da me difenderlo a prescindere. Come ho già detto e come oramai vi sarete accorti tutti quanti, Muninn non sa un bel niente. Sa solo quello in cui inciampa, da questo punto di vista è un corvo non molto adatto alla sopravvivenza. Sono sempre più contento di essere inciampato in voi e nel tutto quanto ma sempre in modo inavvertito e incosciente, sappiatelo. Per essere il primo articolo in cui non parlo di libri che ho letto ho già fatto abbastanza casino.
      Quindi:
      – adesso mi leggo quello che dice che solo chi legge Proust è un fico.
      – mi vado a cercare i racconti di Savinio, così sei contenta 😉
      – ribadisco i complimenti per l’impegno dei messaggeri, che è la cosa che mi ha colpito di più e che è il vero motivo per cui questa iniziativa darà dei frutti.

      • “L’impegno di ALCUNI messaggeri”, usiamo i pronomi indefiniti, non troppi, una metà al massimo, e spesso fallenti proprio quelli più colti e lettori (ma essere lettori non vuol dire sapere invogliare alla lettura). Sul resto, il progetto non era sui buoni libri, era sul rivalutare la lettura e se uno solo dei miei alunni ha scoperto che leggere è meglio che spacciare grazie alla (da me) odiatissima Avallone, questo vale.

      • Ah, ovviamnte Lagioia NON fa il paio con Claudio Giunta: di qua (Giunta) una persona colta, risolta, intelligente, capace di scrivere saggi con la quale non si condivide una opinione), di là il nulla metodologico velato di di fighetteria.

  7. Vado?
    – Una visione diversa ci voleva, un occhio dentro all’altra trasmissione. Perché quella Bicocca è stata noiosa e forzata. Inizialmente ho salutato con entusiasmo il progetto, poi mi è sembrato una stretegia di marketing. Forse esagero. Mi spiego meglio al punto successivo;
    – non avevo capito cosa dovessero fare i messaggeri. Quando l’ho capito, gli occhi hanno visto altro: dietro tutto c’è molta gente del settore implicata in mille iniziative di facciata. Si appoggiano a mille stagisti che puntalmente vengono silurati per fare posto ad altri. Predicare bene e razzolare male, insomma, non è sinonimo di coerenza. Dopo la questione di diminuire l’Iva sugli ebook ho scarsissima fiducia dell’editoria italiana e dello Stato;
    – credo di fare ogni giorno la messaggera, visto che ho un blog (lo sai) e quanto pare ce la suoniamo tra di noi. Quanti nuovi lettori riusciamo a spronare?

    Penso che il tuo resoconto sia stato sincero e mi ha fatto intendere tante fiducia in questa iniziativa. Non sono criticona ma certe cose non bisogna ingoiarle come fosse la sacrosanta verità.

    Lagoia, pur essendo prolisso, ha ritratto bene l’Italia delle librerie che si impegnano contro i grandi colossi e la svogliatezza della gente.

    • Più o meno avrei detto quello che ha spiegato Little Miss Book quindi non faccio altro che annuire e sottoscrivere. Io non sono informata su ogni dettaglio statistico dell’iniziativa ma mi domando, così, da spettatrice distratta, cosa vuol dire: “La verità è che dove la gente si è impegnata e ci ha creduto, e non si parla di testimonial, ma di messaggeri comuni, la cosa ha funzionato”. Si è impegnata a fare cosa esattamente? Qual era il compito dei messaggeri? Dov’erano, soprattutto? E gli eventi? In quattro o cinque città, sempre le stesse? Quelle dove gli spunti culturali non mancano mai? Cosa si è fatto in Puglia? In Basilicata? In Calabria? In Campania poco e niente, questo posso testimoniarlo. E poi, più importante, la cosa ha funzionato in che senso? Cosa è accaduto che doveva accadere? Che riscontro avete avuto?
      Non leggete il mio commento con piglio polemico perché non ne ha, voglio solo provare a capire. Ci sono due versioni dello stesso evento: alcuni dicono che è stato un flop, alcuni dicono che tutto sommato è andata bene. Se questa iniziativa, così come qualsiasi attività, riuscisse a veicolare più persone nelle librerie io non posso che essere contenta ma non so, nei fatti, quanto ioleggoperché sia da considerare in tal senso. Quando Muninn dice: “Eravamo un po’ più belli dell’evento principale, forse.” dice una grande verità, perché io sono sicura che lì, in mezzo al mucchio, c’erano anche lettori voraci, entusiasti, lettori che ci credono davvero che una goccia nel mare possa fare la differenza, e mi sento molto vicina a loro. Meno ai testimonial, meno agli slogan, ancora meno all’organizzazione, che sia stata un’iniziativa (anche) aziendale secondo me è relativo.

      • Finalmente riesco a leggere anche te. Ecco, sono delle domande che mi sono fatto anche io e che, se l’evento vuole veramente restare nel tempo, dovrebbero avere una risposta. 🙂

    • Vai vai! Allora. E’ una strategia di marketing, perché a farlo non è lo Stato, ma l’associazione degli editori, che non è un ente di beneficienza, quindi, io non ci vedo nulla di male nel fatto che sia finalizzato a far comprare dei libri. E’ inevitabile che ci sia Geronimo Stilton. Per fortuna, ci sarà anche altro. MA, la manifestazione è stata carente proprio da quel punto di vista, cose che i marketing manager non hanno pensato. La scelta del nome, del titolo, del come, del perché, degli eventi, del dove, a volte del come, secondo me o secondo quello che alcuni mi dicono, ha lasciato a desiderare. Una cosa piccola, ma sintomatica: il colore. Non è possibile che tutto sia rosso nero e bianco, come la Mondadori, come la Feltrinelli, e poi fare di un hashtag il motto. Questi sono concetti base di pubblicità e marketing, non puoi essere uguale a tutto il resto, devi distinguerti. MA allo stesso tempo alcune persone che hanno avuto la buona volontà di provare a battere anche questa strada, sfruttando gli strumenti che gli erano stati dati. Il povero Lagioia, con un lunghissimo e stupendo, lo ripeto, stupendo, articolo (anche se la ‘povna dice che è spazzatura) non ha convertito nessun non-lettore, perché ha scritto un articolo chilometrico. Chi lo ha letto, di quelli che seguono Internazionale, un 10%?
      Idem me e te, siamo blogger ma, alla fine, ce la suoniamo tra di noi. Io, perlomeno, mi rivolgo ad un pubblico che ha già una preparazione da lettore, chi altrimenti si leggerebbe delle recensioni? Chi ha già in mente di leggere.
      Adesso io mi sono trovato nella brutta situazione di voler far da mediatore, perché mi sembra che ci sia del giusto in ogni posizione. Mi sforzo di trovare del buono in tutto, perché trovare il marcio è molto più facile. Certo, non nascondo lo sporco sotto il tappeto e quindi mi sembra legittimo che ci siano persone che dicano: no, questo non va bene, va migliorato. I messaggeri sono stati sfruttati dalle case editrici per fare marketing? Si. I titoli erano i migliori che avevano in catalogo? No. C’erano solo le grandi catene in questo progetto oppure anche le piccole case editrici e librerie? Anche le piccole.
      Io dopo aver incontrato alcune persone con, come dici tu, una visione diversa. Perché erano in punti diversi del tutto. #ioleggoperché non è stato un grosso successo e di motivi ce ne sono tanti, ma è un qualcosa che si è mosso. Come disse Luke Skywalker, c’è Una Nuova Speranza. Che magari non è #ioleggoperchè, ma siamo noi che ne parliamo.

      • Un paio di cose (premetto che io non difendo in tutto e per tutto l’iniziativa tout court, dico solo che certe eccezioni che vengono fatte erano chiare nel patto di lettura sottoscritto, riassumibile nel fatto che è una iniziativa aziendale – a me era chiaro, quando ho accettato, non mi sono sentita vendere il videoregistratore di mattoni perché mi era molto chiaro quel che accettavo, senza righe piccole).
        1) (a Muninn): la manifestazione non è fallita, tutt’altro. Confondere uno scarso share di Rai Tre con il fallimento ne snatura il senso, e anche i dati di lettura del tutto (basti vedere il numero di contatti tuttora in corso e sul wall, e sarebbe il mail, e tra chi ha ricevuto i libri e i messaggeri)

        2) (a Marta): io di 12 libri, a una settimana dalla distrbuzione, sono in contatto personale con 6 (la metà) che li stanno leggendo e mi fanno domande su autore, trama e genere). 5 di loro ammettono con sincerità di non aver finito un libro per piacere nel 2014. Questo io lo chiamo un successo. Uno di loro sta finendo il libro, 3 sono più o meno a metà e uno alle prime 60 pgg. Tutta gente che non faceva della lettura un.atto prioritario e che in una settimana lo ha fatto. Perché? Perché io oltre al libro gli ho offerto una competenza, la mia, che diceva “la lettura è figa, seguimi, te lo dimostro”. A una settimana in 50% di quella gente mi sta dicendo “hai ragione è figa”. E per questo molti eventi non sono spottati sul wall, avvengono e basta, ma avvengono grazie a questo sprone.
        Per questo, anche,

        3) (a tutti) io dico che i messaggeri hanno funzionato al 50%, perché chi era troppo narciso per sbattersi si è limitato a sentirsi assai figo nel consegnare i libri e/o nel partecipare a iniziative, spesso altrui. Chi ha fatto un lavoro artigianale ha avuto riscontri, tipo il mio.

        4) L’evento in cui eravate voi non era marginale, era il protagonista dell’iniziativa, al pari di Bicocca. Erano di genere diverso ma, in termini di fondi investiti (meno di quanto si pensi), erano alla pari (e Marx insegna che il dato economico è tutto).

        5) Sulla ragione della scelta di titoli pop (Iome li ha definito blockbuster, è uguale), si è già detto. Aggiungo che una serie di persone, vedi Benni o certi eredi, si è ben guardato dal concedere i diritti di misere 24000 copie. Per dire.

      • Bene, questi sono dei dati importanti, come ho già detto io lavoro con quello che ho. Che è poco. Si, non mi aspettavo sperperi di denaro e infatti non ne ho mai parlato. Sulla cosa dei testimonial dello spaccio sono ancora dubitabondo, condivido la necessità di iniziare dal basso e non l’ho mai negata e tu stai facendo sicuramente un bel lavoro. Ma lo stai facendo tu perché sei tu. La storia dei diritti è un altro buon argomento. Dei difetti è importante parlare quanto dei pregi, continuiamo a fare tutt’e due…:) la faccenda si fa sempre più interessante e approfondita. 😀

      • Chiariamo: quando parlo di spaccio, parlo di spaccio di droga, non di libri. Questi sono i nostri studenti dei professionali e dei tecnici, non tutti, ma parecchi (nei tecnici e nei professionali normalmente esiste la figura del “poliziotto di riferimento”, lo sapevate? Quello che in città è deputato a occuparsi delle segnalazioni di quella scuola. Noi la polizia a scuola la abbiamo più di una volta a settimana. E di sicuro non è il peggio che c’è in giro, come scuola.
        Se uno studente che mi ha tre fermi per spaccio passa una serata a leggere Hosseini invece di andare in piazzetta (a spacciare), per me il dato è che ha scoperto che la lettura è meglio dello spaccio, non che Hosseini fa schifo.

      • Si, avevo capito, io mi riferivo proprio a quello e alla possibilità che sia Emis Killa a fargli cambiare idea. So quanto possa valere lo spirito di emulazione, soprattutto ad una certa età e sono sicuro che un testimonial possa avere una certa attrattiva. Ma è comunque un meccanismo che può rivelarsi fragile e aleatorio. Soprattutto in situazioni complicate su cui, io per primo, ammetto di non sapere nulla. Non dico che è sbagliato e che è destinato al fallimento, ma lo accetto con riserve e circospezione.

      • Si, avevo capito, io mi riferivo proprio a quello e alla possibilità che sia Emis Killa a fargli cambiare idea. So quanto possa valere lo spirito di emulazione, soprattutto ad una certa età e sono sicuro che un testimonial possa avere una certa attrattiva. Ma è comunque un meccanismo che può rivelarsi fragile e aleatorio. Soprattutto in situazioni complicate su cui, io per primo, ammetto di non sapere nulla. Non dico che è sbagliato e che è destinato al fallimento, ma lo accetto con riserve e circospezione.

      • Non è che è “proprio lui” – aiuta (me) a rendere qualcosa interessante nel mare di informazioni (come dicevo all’inizio: i testimonial servono a destare attenzione e dunque ad ‘attivare’ il lavoro dei messaggeri). Nella mia scuola, dopo le magliette di #ioleggo negli stadi, altri due studenti (non miei, di altre classi) mi hanno chiesto la prenotazione di un libro da leggere, perché “allora non era solo una iniziativa sua, prof.”. In situazioni complicate non vale una sola ricetta, ma un insieme di ingredienti, come in una torta. Le uova ben montate da sole non fanno una torta, al massimo una frittata. Ma per fare un buon pan di spagna sono ben necessarie.

      • Mi piace la metafora culinaria! 🙂 ho capito.

      • Ps. Non è spazzatura, Lagioia, è dilettantesco e inutilmente, fighetto, tutto qui. E a me hanno insegnato che per tirarsela bisogna meritarsela, di pensiero forte e secoli lunghi, non di pugnettine.

      • Ok, scusa 😉 proprio non ti piace…

      • Diciamo che lo conosco abbastanza bene, sia come opere, sia in generale, per sapere decodificare le superficialità che scrive (come saggista, come romanziere è altra cosa). Nello specifico, quel réportage è uno specchio verboso che riduce l’Italia al suo salotto: ho visto l’amichetto a nord, al centro e al sud, il mondo è carino perché è pieno dei miei amichetti, il mondo fuori dai miei amichetti è marcio e imperialista. Suvvia.

      • Ecco, abbiamo avuto due impressioni diverse del racconto, tutto qui. 🙂

      • Forse, sul saggio in questione (ma nemmeno troppo, perché metodologicamente lo chiama “inchiesta” e una inchiesta sul leggere e le librerie è una cosa seria, e non si fa così). In generale, mi dispiace, ma non è esattamente la stessa cosa: dire, con prove alla mano, che Lagioia è saggista disinformato e poco scrupoloso nello scrivere non è la stessa cosa che dire “mi piace” – e siccome io di mestiere questo anche faccio, scrivo saggi e li recensisco (e insegno a scriverli), no, non è “tutto qui”. 😉

      • Va bene, mi arrendo. Non mi ero posto al suo *** come se fosse un’inchiesta o un saggio, ma come racconto di un viaggio, con dei limiti. Leggerò meglio la prossima volta 🙂

  8. E poi, insisto, più del 50% della popolazione, che non entra MAI in libreria (ma nelle piazze di spaccio sì), è gente che ai testimonial crede. E a questo servono, a dire che *anche* leggere è figo. Cerchiamo di entrare anche nel paese reale, talvolta.

  9. Avevo scritto un lungo commento ma la piattaforma se lo è mangiato. Cerco di sintetizzarlo dicendo che finalmente sono riuscito a leggere tutto, il post, i link ai vari articoli, i commenti e gli ulteriori contributi esterni e ho avuto la sensazione, direi la conferma, che ioleggoperchè è stata un’iniziativa molto importante è significativa e che debba rappresentare un punto di inizio e non un punto di arrivo, men che meno una splendida iniziativa fine a se stessa; dobbiamo essere messaggeri tutti i giorni della nostra vita è nei più svariati ambiti della nostra vita senza mai nasconderci o vergognarci di essere lettori (quelli che vengono persi un po’ in giro perché ” sprecano” il loro tempo a leggere, per intenderci), perché come la ‘povna non si è mai stancata di ripetere lo scoop non è promuovere questo o quel libro, ma di promuovere la lettura! Così poi potremo anche discutere anche di quel libro è magari accapigliarci anche sulle nostre opinioni invece che farlo sempre e solo per un rigore negato.

    • Sei ammirevole, un supereroe, davvero! 😀 Si, credo che nessuno possa dire che le tue parole siano sbagliate. Ognuno può trovare la strada per essere messaggero a modo suo…:)

  10. Pingback: Campioni, per sempre. (Nel nome di #ioleggoperché) | Slumberland

  11. patriziavioli

    Gran bel reportage, onesto e approfondito, potrei scrivere qualche cattiveria su Aldo G. ma lascio stare. Grazie ancora del routerino, la tavoletta, la saponetta, quella cosa lì bianca che mi hai prestato 🙂

  12. ehi, ma io mi ero perso nelle notifiche il tuo reportage, mannaggia! ho recuperato adesso, leggendo con curiosità anche i commenti che sono seguiti. il suo tempo è ormai fatto, per cui non aggiungo ulteriori commenti, se non sottolineare il piacere di un’analisi così puntuale. grazie ancora, è stato un piacere conoscerti.

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